Welfare

L’assistenza religiosa in ospedale deve essere un diritto garantito

Vari documenti legislativi garantiscono al cittadino ricoverato nelle strutture socio-sanitarie l’assistenza religiosa da parte di assistenti spirituali

di Gian Maria Comolli

Mia madre ottantenne, in ospedale, a Natale non ha potuto partecipare alla messa. Gli infermieri non l?hanno mobilizzata sulla carrozzina, come avviene tutti i giorni per la fisioterapia, in tempo utile; l?avrei poi condotta io in chiesa. Ma il malato in ospedale non ha diritto all?assistenza religiosa?

G. C. (email)

Vari documenti legislativi garantiscono al cittadino ricoverato nelle strutture socio-sanitarie l?assistenza religiosa da parte di assistenti spirituali designati dall?autorità ecclesiastica. L?art. 38 della l. 833/78, istitutiva del Ssn, recita: «Presso le strutture di ricovero del servizio sanitario nazionale è assicurata l?assistenza religiosa nel rispetto della volontà e della libertà di coscienza del cittadino». L?Accordo di revisione del Concordato del 1984 all?art. 11 afferma: «La Repubblica italiana assicura che la degenza in ospedali, case di cura, la permanenza negli istituti di prevenzione e di pena non possono dar luogo ad alcun impedimento nell?esercizio della libertà religiosa e nell?adempimento delle pratiche di culto dei cattolici». Il servizio di assistenza religiosa è stato confermato, approfondito e concretizzato da protocolli d?intesa tra alcune Regioni italiane e le relative regioni ecclesiastiche.

Il servizio di assistenza religiosa è da sempre presente, ma nel passato è stato svolto in prevalenza in un?ottica sacramentale: «Chiamare il prete per l?estrema unzione», ha assunto negli ultimi decenni un alto significato valoriale ribadendo alcuni principi essenziali alla sanità e alla cura. Un valore sociale essendo il servizio un fattore umanizzante che concorre al miglioramento dei servizi erogati nell?ottica della centralità del malato. E uno terapeutico nell?ottica di una cura olistica, ricordando che non soffre solo la dimensione corporea, ma anche quella psichica, spirituale e sociale.

Ogni uomo, anche il paziente di un ospedale, ha diritto, come ribadiscono i documenti internazionali – Carta universale dei diritti dell?uomo art. 4; Atto finale della Conferenza di Helsinki del 1975 art. 7 – a professare e a vivere la propria religiosità in ogni contesto. Partecipare alla messa della domenica è un diritto del malato e un dovere degli operatori far sì che possa assistervi, accompagnandolo se è impossibilitato a recarsi autonomamente, non facendo coincidere momenti terapeutici. Il testo concordatario è chiaro: «La degenza non può dar luogo ad alcun impedimento (?) nell?adempimento delle pratiche di culto». E la messa domenicale è una pratica di culto fondamentale.

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