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Neostatalisti. Bilancio di un governo poco liberale/1

Associazioni sul piede di guerra. L’otto per mille anzi per cinque

di Barbara Fabiani

“Di? qualcosa di liberale”. Parafrasando la celebre battuta che Moretti rivolse a Massimo D?Alema, potremmo chiedere a Silvio Berlusconi dove sia finita la sua annunciata voglia di deregulation, di devolution, di sussidiarietà. 15 mesi sono passati, e paradossalmente ci troviamo un governo di centrodestra impastoiato in uno statalismo inaspettato. I sintomi sono tanti. Alcuni piccoli, altri clamorosi. In queste pagine ne mettiamo in fila alcuni, dalla vicenda dell?8 per mille, all?assurda Iva sulle donazioni; dal tentativo di mettere le mani sulle fondazioni bancarie (enti privati) ai troppi tentennamenti sull?indulto (davvero troppi per un governo orgogliosamente garantista). E di poche settimane fa è l?incredibile sentenza dell?Agenzia delle entrate che non riconosce lo status di onlus alle associazioni che finanziano la ricerca. Con un terremoto fiscale che è facile immaginare. Intanto è arrivata la Finanziaria che sulla cooperazione delude ancora…

Una legge della maggioranza privilegia le associazioni storiche che si occupano di handicap. le altre si rivoltano. E il governo…

Al vaglio della prima commissione Affari costituzionali del Senato c?è un disegno di legge che sta mettendo alla prova la già precaria unità del mondo delle associazioni che si occupano di handicap.
è il disegno di legge 1095 che confermerebbe un particolare riconoscimento come enti di interesse pubblico ad alcune associazioni e il loro accesso a una quota dei finanziamenti dell?8 per mille destinati allo Stato (35 milioni di euro nel 2001).
Le associazioni menzionate dalla legge sono soltanto 5, quelle note come ?storiche? e nate tutte tra il 1920 e il 1956: l?Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, l?Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, l?Ente nazionale sordomuti, l?Unione italiana ciechi e l?Unione nazionale mutilati per servizio. A questa notizia le altre numerose associazioni si sono rivoltate, e se ne sono ben accorti il presidente della prima commissione, il senatore Andrea Pastore e il relatore della legge, Luciano Falcer (FI) sommersi da fax e telegrammi appena l?informazione è filtrata dalle aule di palazzo Madama.
Una legge che non piace fin dalle sue premesse. Perché afferma letteralmente che negli ultimi anni c?è stata in Italia una «superfetazione di associazioni di varia natura, di scarsa o nessuna esponenzialità che, anziché portare giovamento alla causa delle categorie di riferimento, generano confusione nella rappresentanza delle istanze». Da qui la decisione di circoscrivere un eventuale accesso ai finanziamento dell?8 per mille solo a quelle associazioni che nel lontano 1977 vennero riconosciute come Enti morali di interesse pubblico, di cui oggi rimangono solo le suddette 5 associazioni storiche.
«Abbiano riconosciuto il ruolo di supplenza e di assistenza che le associazioni degli invalidi svolgono, soprattutto dopo un periodo in cui si sono ridotti i finanziamenti», sostiene il senatore Ugo Bergamo dell?Udc, primo firmatario del disegno di legge. «La scelta è andata a quelle associazioni che per legge hanno un particolare status giuridico e un riconosciuto ruolo di rappresentanza».

Rappresentanza per legge
«Le associazioni citate hanno una storia che le distingue e questo provvedimento riconosce il loro peso particolare, fatto su cui le altre associazioni non vogliono convenire», incalza Tommaso Daniele, presidente della Uic nonché alla guida della Fand, la Federazione delle associazioni storiche. Ma conclude: «Riuscire finalmente ad aggregarsi sarebbe la soluzione migliore».
Le ?nuove? associazioni rispondono con altrettanta convinzione: «Se le persone si sono costituite in nuove realtà è perché evidentemente gli enti storici non sono riusciti a rispondere ai cambiamenti dei bisogni», controbatte Rossano Bartoli segretario generale della Lega del filo d?oro , associazione che dal 1964 si occupa di sordociechi. «Inoltre, stabilire il riconoscimento di una rappresentanza per legge, ci sembra assurdo».
In ballo, infatti, non c?è solo l?accesso ai fondi dell? 8 per mille, argomento su cui molte associazioni restano comunque perplesse, ma una funzione di rappresentanza che il disegno di legge attribuisce ai 5 Enti morali. In sostanza si tratta di una funzione di patronato che le associazioni in questione hanno sempre sostenuto di svolgere, di fatto senza averne i benefici.

Un?unità da costruire
Il sottosegretario al Welfare, Grazia Sestini non sembra ritenere che il disegno di legge sia un?operazione opportuna: «Esiste una legge per le associazioni di promozione sociale che già assegna finanziamenti sulla base di progetti. Modalità certamente più adeguata per distribuire fondi rispetto al solo fatto di esserci, seppure provenendo da una lunga e meritevole storia di battaglie e conquiste. Oltre a ciò, esiste anche la legge 438/98 che già riconosce questa particolare status alle associazioni storiche riservandogli il 50% delle risorse di un fondo ad hoc».
Come finirà? La partita è ancora aperta. L?altra grande federazione di associazioni di disabili, la Fish, sta sostenendo attraverso i senatori Bonatesta, di An, e Bottafarano, dei Ds, degli emendamenti per ampliare l?elenco delle soggetti accreditati stabilendo dei parametri, come la presenza sul territorio con almeno 8 strutture regionali e 20 provinciali, di esistere da almeno 10 anni e avere 10mila soci.
«Non sarebbe comunque una soluzione felice», commenta Pietro Barbieri, presidente della Fish. «Non dovremmo certo combattere per le pari opportunità di accesso delle associazioni, ma per quelle dei disabili. Rimaniamo convinti che ricevere finanziamenti su progetti sia il modo migliore per allontanare ogni sospetto di dipendenza impropria dallo Stato». Tommaso Daniele a nome della Fand si augura che questa sia l?occasione per ricomporre un mondo frammentato. Se lo augurano anche gli altri, tra cui Franco Bomprezzi, ex presidente della Uildm: «Vanno rilanciate le consulte regionali e quella nazionale. Ridiscutendo le regole di partecipazione, se si vuole, ma è l?unico modo per ritrovare un dibattito comune ed essere un interlocutore forte nei confronti delle istituzioni».

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