Non profit

Lo sviluppo? Parte dall’educazione

Caro Direttore /"Sono convinto che, come da più parti richiesto, più che rinnovare la cooperazione allo sviluppo con i paesi più poveri sia necessario risignificare il nostro impegno..."

di Riccardo Bonacina

Caro direttore, mi inserisco nel dibattito aperto da Giulio Albanese su Vita. Sono convinto che, come da più parti richiesto, più che rinnovare la cooperazione allo sviluppo con i paesi più poveri sia necessario risignificare il nostro impegno. In più di trent?anni di impegno, prima come volontario poi come presidente di Avsi, ho verificato sul campo la validità di alcune ipotesi di lavoro che sono estremamente importanti. Giovanni Paolo II, in uno dei suoi numerosi interventi, ha detto: «Lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla maturazione della mentalità e dei costumi. È l?uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica». Lo sviluppo passa dunque attraverso un incontro tra uomini, che insieme cominciano un cammino per migliorare la qualità della vita, nel rispetto reciproco delle proprie tradizioni e culture. La parola condivisione sintetizza questo cammino che è centrato sulla presenza. Allora la prima cosa da difendere e da allargare al massimo è la possibilità di inviare nei progetti di sviluppo persone mosse da un ideale e da una passione per l?uomo. Queste persone devono essere tutelate giuridicamente, aiutate nel reinserimento al ritorno in Italia, garantite dal punto di vista previdenziale e rese autosufficienti con uno stipendio dignitoso. Ma se lo sviluppo è una questione di uomini, l?educazione è la via dello sviluppo. Educazione intesa non semplicemente come istruzione e formazione – che sono peraltro componenti fondamentali dell?educazione – ma progressiva e decisiva presa di coscienza della dignità di ogni uomo, che deriva direttamente dal Creatore e non dipende né dal riconoscimento delle istituzioni né dalle circostanze concrete in cui ogni uomo è chiamato a vivere. Quando un uomo, anche il più povero africano che vive in una baraccopoli, percepisce di valere più di tutto l?universo, allora diventa un protagonista dello sviluppo proprio, della propria famiglia, del proprio popolo, della propria nazione. L?educazione deve essere una preoccupazione che è presente in ogni tipo di progetto, da quelli scolastici in senso stretto a quelli sanitari o agricoli. La speranza dei popoli poveri sta nella crescita di questi uomini nuovi che sappiano dire ?io? con libertà, responsabilità ed entusiasmo. Le ong sono un luogo dove si può sperimentare la centralità della persona e si può applicare una metodologia di presenza che valorizzi gli uomini, le loro libere aggregazioni civili, i loro positivi tentativi di dare risposte adeguate al bisogno. Abbiamo bisogno non di professionisti dell?umanitario, ma di uomini capaci di amore e di sacrificio. Arturo Alberti, presidente Fondazione Avsi Caro Alberti, la ringrazio per il contributo al dibattito nato intorno ad un intervento di Giulio Albanese e che sta sviluppandosi oltre ogni nostra previsione con interventi di qualità e pertinenti. Come il suo, che ricorda come la sfida delle ong si giochi a partire dalla qualità delle persone.


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