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L’affido condiviso è (quasi) legge

Ecco, da un articolo de La Stampa di oggi, che cosa prevede la nuova normativa licenziata ieri dal Senato

di Gabriella Meroni

Via libera del Senato all’affido condiviso. Separati, ma comunque mamma e papa’ a tempo pieno: e’ il senso di questa legge che prevede maggiore tutela dei figli (anche di genitori non sposati) e minore conflittualita’ tra coniugi ma anche un allargamento delle competenze dei giudici e sanzioni piu’ incisive per i genitori inadempienti. Fatta eccezione per casi particolari, l’affidamento condiviso sara’ la regola. Il giudice che pronuncia la separazione dei coniugi, quindi, valutera’ innanzitutto l’affidamento dei figli ad entrambi, determinando i tempi e le modalita’ della loro presenza presso ciascun genitore e fissando anche la misura e il modo con cui ciascun genitore deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli, e prendendo atto se non contrari all’interesse dei figli degli accordi intervenuti tra i genitori. Ciascun genitore potra’ in qualsiasi momento chiedere l’affidamento esclusivo ma, in ogni caso, il giudice prima di adottare qualsiasi provvedimento deve tentare ‘una mediazione’ con i coniugi, avvalendosi anche di esperti, «per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli» e, se necessario, ascoltando anche i figli minori di 12 anni. Affido condiviso vuol dire che la potesta’ genitoriale e’ esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse dovranno essere assunte di comune accordo. Quando i genitori falliscono interviene il giudice che potra’ stabilire anche che i genitori esercitino la potesta’ separatamente. Da un punto di vista almeno teorico oltre alla potesta’ anche la cura e’ affidata ad entrambi. Spariscono dunque limiti di visita per i genitori non affidatari. Il capitolo dolente, quello dei soldi, prevede che ciascuno dei genitori provveda al mantenimento dei figli «in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalita’» da determinare considerando: le esigenze del figlio, il suo tenore di vita, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, le loro risorse economiche e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. L’assegno dovra’ essere adeguato automaticamente agli indici Istat. Subito dopo aver affrontato il problema soldi, chi si separa deve mettersi d’accordo sulla casa. Bisogna tenere prioritariamente conto dell’interesse dei figli, avverte la legge aggiungendo che il diritto al godimento della casa familiare viene meno «nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio». Se uno dei coniugi cambia residenza o domicilio, l’altro puo’ chiedere se il mutamento interferisce con le modalita’ dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici. Grande soddisfazione da parte di Fi, Lega e Udc. La legge pero’ aveva come relatrice Emanuela Baio Dossi, della Margherita, che ha parlato di «una scelta coraggiosa, della ‘riforma piu’ importante nel diritto di famiglia dal 1975, pero’ ‘si poteva osare di piu». E promette: «il centrosinistra la migliorera’». Stessi toni quelli delle associazioni dei padri separati, contenti del principio, ma soltanto di quello. Del tutto contraria solo l’Aiaf, l’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e i minori, che intravedono «l’esasperazione dei conflitti, il coinvolgimento dei figli in questi conflitti».


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