Famiglia

Google: polemiche per la versione cinese

Il motore ricerca è stato adattato alle richieste di censura di Pechino

di Carmen Morrone

E’ stato un esordio preceduto e seguito da polemiche quello di oggi della nuova versione cinese del portale Google, il motore di ricerca internet più usato del pianeta. La “variante mandarina” del popolare sistema è stata adattata alle stringenti richieste di Pechino e censura i collegamenti a pagine con contenuti sgraditi al regime. Critiche le associazioni per le libertà di informazione e nei media. Più pragmatici gli analisti, secondo cui la società internet – che lo scorso anno ha fatto uno strepitoso ingresso sulla piazza finanziaria di Wall Street – aveva poca scelta, e non dovrebbe risentire delle polemiche di questi giorni. Google si difende: il nuovo portale è la scelta migliore per le esigenze degli utenti locali, che vanno bilanciate con il quadro normativo di ogni paese in cui si opera. Facendo una ricerca con alcune parole chiave ‘sensibili’ sul portale Google cinese – che ricade sotto il dominio web ‘.cn’ – spicca l’assenza di tutta una serie di risultati che si ottengono con una normale versione occidentale. Ricerche sul Dalai Lama, esiliato dal Tibet occupato dalla Cina, sull’indipendenza di Taiwan su termini come ‘democrazia’ o ‘diritti umani’ o sulla setta religiosa vietata dalle autorità cinesi Falun Gong, nella maggior parte dei casi i risultati sono siti controllati direttamente da enti governativi cinesi. La scelta della società internet statunitense è stata criticata dall’associazione Reporters Sans Frontières, che aveva già rimproverato comportamenti simili a società come Yahoo! o Microsoft. “Quando un motore di ricerca collabora con un governo di questo tipo, fa sì che sia molto più facile per le autorità cinesi controllare cosa venga detto su internet”, ha affermato Julien Pain, a capo del settore internet per l’associazione sulle libertà nei media. Di parere diverso gli analisti del settore internet: la scelta di Google era inevitabile, affermano, considerate le restrizioni imposte dalla Cina sull’uso delle rete informatica globale, osserva Duncan Clarck, managing director della società di consulenze Bda China. Presumibilmente, aggiunge, le critiche di questi giorni non danneggeranno il business di Google in altre regioni, considerato lo scarso interesse che hanno avuto presso gli utenti del web i precedenti accordi tra Pechino e le società. Gli incidenti del passato “non sembrano aver provocato nulla da cui Google debba guardarsi”, ha detto. Google si difende: “Nel decidere come inserirsi al meglio sul mercato cinese, come su qualsiasi mercato, dobbiamo bilanciare il nostro impegno a soddisfare l’interesse del pubblico alle situazioni locali”, ha affermato tramite una e-mail Andrew MacLaughlin, capo consulente sulla policy di Google. I risultati delle ricerche compiute con il nuovo portale, sottolinea, verranno rimossi sulla base di quanto stabilito dalle normative cinesi.


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