Economia

È finita l’epoca della navigazione a vista

Anche l’impresa sociale si apre a mezzi di programmazione tipici del profit: visti con diffidenza sino a qualche anno fa, oggi sono entrati a pieno titolo nella gestione. E i risultati si vedono

di Francesco Agresti

Navigare a vista, tirare le somme a fine anno, riprendere fiato e ripartire di slancio. Per anni la cooperazione sociale è andata avanti così, sull?onda della crescita, una barca guidata da uno o più leader dal forte carisma che dettano la rotta e tutti lì a remare giorno dopo giorno senza avere la piena consapevolezza di dove si sta andando. L?importante è fare e farlo bene, il resto chiacchiere o poco più. Quelli che per le altre imprese sono strumenti gestionali fondamentali, nella cooperazione sociale sono stati per molto tempo optional spesso ignorati. È stato così anche per il consorzio Archè di Siena fino a quando… «fino a quando ci siamo accorti che avevamo bisogno di programmare la nostra attività, di avere un sistema di monitoraggio che permettesse di correggere il tiro in corsa e di strumenti gestionali per la pianificazione di medio periodo», racconta Umberto Dal Maso, un passato da cooperante in Africa (è stato da poco nominato presidente della Focsiv), oggi responsabile dell?area Progettazione e sviluppo del consorzio senese a cui aderiscono 14 coop sociali che impiegano 400 persone, la più grande impresa senese. Archè nasce nel 1999 con una struttura organizzativa caratterizzata dalla presenza di un leader carismatico affiancato da tre persone di elevata professionalità. I primi anni di attività sono segnati da una crescita costante che porta il consorzio ad assumere sempre più un ruolo di general contractor. Le coop socie iniziano a percepire cambiamenti e ad avvertire l?esigenza di dotarsi di una governance più strutturata, meno accentrata, costruita su rapporti complementari rispetto a quelli fiduciari che avevano caratterizzato i primi anni. In questo contesto si inserisce il Progetto Qualità di Cgm, «grazie al quale», riprende Dal Maso, «abbiamo iniziato a riflettere sull?organigramma e sulla definizione delle responsabilità». Archè arriva a realizzare il suo primo piano strategico triennale dopo quattro anni di lavoro sulla cultura interna e sull?organizzazione, un percorso scandito da tappe intermedie iniziate con la definizione di ruoli e responsabilità. «Il nostro primo passo», ricorda Dal Maso, «è stato quello di mettere nero su bianco la programmazione annuale, rilevando gli scostamenti e andando alla ricerca delle cause. Il passo successivo è stato quello di approdare a una vera e propria pianificazione strategica dell? attività triennale costruita con il contributo allargato anche a chi non siede nel consiglio di amministrazione». Oggi Archè lavora sulla pianificazione dei servizi distinguendo tra quelli in affidamento da enti pubblici da quelli erogati ai privati. «L?approdo alla pianificazione strategica», precisa Dal Maso, «è stato favorito dall?inserimento di persone con esperienze nel terzo settore ma in ambiti diversi della cooperazione, e di giovani laureati entrambi con competenze manageriali e valori di fondo che hanno permesso una legittimazione nei confronti dei leader carismatici, a cui va riconosciuto di aver accettato i cambiamenti senza alcun delirio di onnipotenza. Il cambiamento è stato possibile anche grazie alla loro maturità e lungimiranza, senza le quali avremmo messo in pericolo la sopravvivenza stessa delle nostre imprese». Quelli che fino a qualche anno fa venivano considerati strumenti di gestione che impoveriscono l?azione sociale, oggi vengono utilizzati per programmare, intervenire in caso di scostamenti e per raggiungere gli obiettivi senza i quali alle imprese sociali, al pari di ogni altra impresa, non resta che chiudere.


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