Mondo

Ecco le nuove frontiere

Enti autorizzati. La Commissione darà “estensioni-paese”

di Benedetta Verrini

Appena uno da Sao Tomé, uno dalla Mongolia, due dal Benin, nove dal Congo, tre dal Kazakistan: sono i numeri dei bambini provenienti dalle frontiere più lontane, e poco battute, dell?adozione internazionale. Numeri quasi invisibili rispetto a quelli dell?Ucraina (2.509 minori adottati) o della Federazione Russa (1.777) ma che sono destinati a crescere. La rotta l?ha segnata l?ultima comunicazione della Commissione adozioni internazionali, che ha aperto agli enti autorizzati la possibilità di richiedere l?estensione a operare in nuovi paesi e, contestualmente, ha raccomandato di non inviare richieste per paesi dell?Est o comunque vicini alla ?saturazione?.

Ecco, quindi, le nuove ?frontiere?: Africa, Asia, Cina. Realtà diversissime, con differenti situazioni di bisogno: «Per questo mi sembra più che opportuno che la Cai responsabilizzi gli enti sulle aree in cui intendono muoversi», commenta Graziella Teti, responsabile adozioni del Ciai. «Sarebbe molto pericoloso», prosegue, «se più enti si ?buttassero? su uno stesso paese approfittando di un maggiore permissivismo o lacune nelle leggi di tutela dell?infanzia. Abbiamo una grande responsabilità in questa fase: quella di creare buone prassi, collaborare con le istituzioni locali e stimolare lo sviluppo di reti locali di accoglienza». Sull?importanza della cooperazione, oltre all?adozione, insiste anche Pietro Ardizzi, responsabile adozioni per Avsi. Che conferma le difficoltà oggettive, in queste nuove frontiere, nel contenere tempi e costi: «La permanenza della coppia sul posto e i costi diventano molto variabili quando dobbiamo rapportarci a un?autorità straniera non ratificante la Convenzione dell?Aja».

E sa bene quanto sia delicata la situazione, in una terra complessa come l?Africa, anche la responsabile dell?associazione torinese Enzo B., Cristina Nespoli, che opera solo nel continente nero: Camerun, Mali, Nigeria, Senegal e sei diversi altri paesi. «L?Africa si sta misurando sempre più con il problema dell?abbandono», dice, «ma non è facile operarvi: bisogna comprendere le prassi e la cultura locale. E far viaggiare di pari passo cooperazione e adozione».

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