Formazione
I poveri? Fuori da Maastricht
Intervista. Parla il presidente della defunta commissione
«Non si fa nulla. La povertà non è tra le preoccupazioni dei governi europei, tanto meno di quello italiano». Ore 18,30 del 15 luglio, Pierre Carniti è finalmente uscito dall?aula parlamentare di Strasburgo. Il presidente della defunta commissione Povertà commenta gli ultimi dati Istat. «Certo non sono aumentati, almeno secondo questi parametri. Ma i poveri di oggi sono molto più poveri di quelli di ieri». Di 235 mila lire a testa, dicono le statistiche. «Sa qual è l?inconveniente della scelta di valutare la povertà relativa (si è poveri se si ha meno della metà del reddito medio della società di appartenenza, ndr)? In una società in recessione il calcolo può dare una diminuzione della povertà, perché si abbassano i consumi di tutti e con essi il tasso di diseguaglianza. Ma aumenta gravemente il gap della povertà e il conseguente rischio dell?esclusione sociale».
Qualcuno però ha voluto cavalcare i dati dell?Istat: un manovra da 100 mila miliardi, dura sì ma equa.
«Le nostre simulazioni, basate però sui dati di povertà del ?96, hanno effettivamente dato questo risultato: le disuguaglianze tra ricchi e poveri non sono aumentate come è avvenuto negli altri Paesi europei ed in particolare negli Stati uniti. La domanda è: quando potremo lavorare sui dati ?97 quale sarà il risultato?».
Delle famiglie povere il 4,7 per cento vive a un livello di consumi inferiore dell?80 per cento alla soglia di povertà…
«Un altro inconveniente è quello di non valutare il ?disagio sociale?, ma solo quello economico. La povertà è un dato multifattoriale. Si è più poveri, a parità di reddito, in un contesto sociale carente, che considera i trasporti, l?abitazione, la salute, l?istruzione. Quindi i poveri potrebbero essere molti di più. La Commissione aveva appaltato una ricerca per rilevare gli indici settoriali. Ma il lavoro non è stato completato. Una cosa è certa, anche se questi fattori non influiscono a livello materiale sulla povertà, aggravano il rischio di emarginazione sociale».
Commissione povertà: che fine ha fatto?«Lavoriamo, anche se formalmente siamo stati sciolti… Lo riteniamo e lo ritengo un servizio civile».
Eppure c?è un decreto che aspetta di essere firmato per rimetterla in funzione.
«Facciano un?altra commissione se è questo, con altri membri. Io li aiuterò dall?esterno».
Lo dice per facilitare la firma del decreto da parte della presidenza del Consiglio…
«Lo dico perché mi rammarico del fatto che nessuno si occupi, né si preoccupi di questo tema. E questo è indicativo di una cultura edonista ed individualista che si è fatta strada negli ultimi vent?anni».
È eliminabile la povertà?
«Nel percorso della vita di ognuno di noi la povertà può presentarsi – la perdita di un lavoro, una malattia – ma è possibile uscirne. Quella di cui stiamo parlando è una condizione che sta diventando congenita al sistema. E ci sono forze politiche che dicono questo: la povertà è il prezzo inevitabile da pagare al progresso. Lo sviluppo è una maratona nella quale il gruppo si sgrana correndo. Non un tapis roulant che porta tutti con sé».
Che cosa si fa?
«Pochissimo. Per noi Maastricht vuol dire solo bilancio, tasso di cambio e tassi di sconto. Tutti i telegiornali, dalla mattina alla sera ci danno la quotazione della lira. Ma quegli stessi organi di informazione ci dicono una volta all?anno quanti sono i poveri in Italia».
Aumenta la povertà, diminuisce il lavoro eppure non c?è segno di ribellione, né di lotta. Anzi chi si ribella è chi sta meglio, il Nord (71% delle famiglie povere abita al Sud).
«Quando cominciavo ad occuparmi di problemi sociali e sindacali, e scoprivo che nel Sud c?era una disoccupazione quasi doppia di quella del Nord. Ritenevo che se fosse aumentata avrebbe dato luogo a fenomeni di ribellione anche incontrollabile. Mi sono dovuto ricredere. A Palermo hanno alzato le barricate quando la squadra di calcio non è stata ammessa in serie B o C non ricordo bene… Nulla per una disoccupazione che tocca punte del 40% e che rimpingua la criminalità, unica impresa solida».
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