Non profit
La sfida contro il male che colpisce i poveri
Nel mondo sono 12 milioni le vittime di una malattia che cresce nei Paesi della fame con 10 mila nuovi casi alla settimana. L'appello dell'Associazioni Amici di Follereau
di Redazione
Lebbroso uguale reietto, lebbra come morte sociale. Non è un caso se la potenza socialmente emarginatrice di tale morbo contagioso, denunciata già dai Vangeli e nei racconti della vita di San Francesco, incute ancora oggi paura. La lebbra non è malattia d’altri secoli. Oggi lo è solo per i Paesi progrediti che, però, non sono i più popolati. Per questo, nel 1954, il giornalista, scrittore e poeta francese Raoul Follerau (1903-1977), che dedicò la vita a combattere la lebbra e adimpegnarsi per la pace, istituì la Giornata mondiale dei malati dilebbra giunta, il 31 gennaio prossimo, alla sua 46 edizione. Se in Italia, i dati pubblicati lo scorso anno dal ministero della Sanità, riferiscono di “appena” 347 persone ammalate di lebbra, completamente guarite nella maggior parte dei casi, sono complessivamente12 milioni le persone che subiscono nel mondo gli effetti devastanti della lebbra: ogni settimana si registrano 10mila nuovi casi, di cui più di mille bambini. Lo scorso anno si è inoltre registrato un incremento del 14% di nuovi casi rispetto all’anno precedente e ben 1 miliardo e 300 milioni di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà (fissata in un dollaro al giorno di reddito) restano esposti al rischio di contagio. «La lebbra», spiega il presidente dell’Associazione amici di Raoul Follereau (AiFo), Enzo Zecchini, «è figlia del sottosviluppo e colpisce i più poveri tra i più poveri». Ma chi pensa a loro, chi si occupa di questi poverissimi? Zecchini non ha dubbi: «Gli organismi privati, quindi i volontari ed i sostenitori che li costituiscono. È la solidarietà della gente a consentire alla metà dei malati di lebbra del pianeta di essere curati e, spesso, a finanziare la ricerca scientifica che speriamo porti presto ad un vaccino efficace».L? AiFo è in Africa, America Latina, Asia e Oceania con 180 progetti, operando con il 65% dei fondi proveniente da donazioni private e con il resto dei finanziamenti provenienti dall’Unione Europea e dell?International Leprosy (Ilep).
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