Cultura

Il ruggito delle tigri fa di nuovo paura

L’accordo tra governo e ribelli per la spartizione degli aiuti è carta straccia. Si moltiplicano gli omicidi eccellenti e gli agguati. E i Tamil minacciano il ricorso a missioni suicide

di Pablo Trincia

da Trincomalee (Sri Lanka) Camminare per i vicoli sabbiosi di questo piccolo porto dello Sri Lanka orientale significa imbattersi ad ogni angolo con un gruppo di soldati con il fucile a tracolla e lo sguardo tra il vigile e il preoccupato. Lo stesso sguardo con cui la comunità internazionale e la società civile cingalese osservano in queste settimane il poco confortante scenario che si profila all?orizzonte politico e sociale dello Sri Lanka: uno scenario di guerra. Instabilità costante Se nell?ex isola di Ceylon il 2004 si è chiuso con un devastante maremoto che ne ha travolto le coste uccidendo 35mila persone, la fine del 2005 non è stata meno turbolenta. Gli accordi di pace firmati quattro anni fa da governo e ribelli delle Tigri Tamil dell?Eelam (Ltte) vacillano pericolosamente e il Paese continua a essere spaccato orizzontalmente in due zone di controllo. La cronaca parla chiaro: 45 militari uccisi in agguati, metà dei quali nell?ultima settimana dell?anno; un ministro degli Esteri assassinato in agosto; un politico locale vicino ai ribelli freddato il giorno di Natale durante la messa. È facile capire il perché dello stato di massima allerta che si respira a Trincomalee e dintorni, in un?area controllata dal governo ma contesa dai ribelli del Ltte e dal loro enigmatico leader Vellupilai Prabhakaran. Lo stesso personaggio che accese la miccia della guerra civile nel 1983 nella città settentrionale di Jaffna, con l?obiettivo di riscattare la sua minoranza Tamil dall?oppressione dei Sinhala a Sud e di creare uno stato autonomo. Anche a costo di servirsi di bambini soldato e di martiri kamikaze, l?oscuro e inquietante reparto suicida delle black tigers. Dopo vent?anni e 65mila morti, il governo di Colombo si è dovuto sedere al tavolo delle trattative per firmare, nel febbraio del 2002, un accordo di pace supervisionato dalla Norvegia. Gli ultimi tre anni di relativa stabilità avevano fatto ben sperare e inizialmente si credeva che lo tsunami potesse placare gli animi e spianare la strada per una collaborazione tra governo e ribelli, come è accaduto nella disastrata Banda Aceh. Escalation in vista Colombo e le tigri avevano firmato il P-Toms, un accordo a tre con i musulmani per spartirsi gli aiuti per la ricostruzione. Ma il veto posto dai nazionalisti sinhala del Sud, ora al governo insieme al neo eletto presidente Mahinda Rajapakse, ha allontanato ancora di più i contendenti. E le tigri, nel frattempo spaccate in due con la dipartita secessionista del capitano Karuna e dei suoi uomini, hanno ripreso a ruggire dalle loro postazioni del Nord, pur negando qualsiasi coinvolgimento nella morte di militari o politici locali. «La lotta armata e le missioni suicide fanno parte del nostro modo di operare», spiega a Vita il capitano Thaya, portavoce dei ribelli raggiunto telefonicamente nella roccaforte di Kilinochci, «ma il governo si serve di milizie paramilitari per seminare il panico nelle nostre regioni e poi incolparci. Se continueranno così ci saranno serie conseguenze». L?ultimo dell?anno una massiccia operazione di antiterrorismo nei quartieri Tamil di Colombo ha portato a 920 fermi e 53 arresti. «C?è stato un ritorno alla calma, ma il quadro è allarmante», ammette Helen Olafsdottir della Missione di monitoraggio degli accordi di pace, «e mai come ora è necessario che governo e ribelli tornino a dialogare». La minaccia di una nuova escalation di violenze non è mai stata così vicina. Polemiche L’ambasciator furioso A Trincomalee, al termine del tour dei progetti targati Protezione civile, Giuliano Amato – che fa parte del comitato dei garanti sui fondi per la ricostruzione post tsunami – loda il lavoro degli uomini di Bertolaso, fa infuriare l?ambasciatore Pio Mariani e mette in imbarazzo la Farnesina (e in ombra la Cooperazione ). Dura la reazione dell?ambasciatore, che usa frasi al vetriolo contro Amato e la Protezione civile, accusata di vendere molto fumo. La polemica ha vita breve, lasciando un piccolo quesito: ma alla fine era proprio necessaria?


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