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Ong e governo insieme una sfida vinta
Intervista a Giuseppe Deodato. Organizzazioni sul campo, cabina di regia a Roma: per il responsabile della Cooperazione italiana il modello Darfur funziona. Purché si lavori in rete
di Chiara Sirna
Cooperazione punto e a capo, si volta pagina. A ognuno il suo: alle ong le operazioni sul campo, alle istituzioni il compito di coordinarle dietro le quinte. A patto però che si lavori in rete. Tra le tante cose indelebili che l?emergenza umanitaria in Darfur ha lasciato, c?è anche questa. E il primo a sostenerla è il direttore generale per la Cooperazione e lo sviluppo del ministero degli Affari esteri, Giuseppe Deodato, che per il Sudan ha scelto di mettere in campo una cabina di regia diretta a doppio binario: da un lato il governo e dall?altro Coopi, Cesvi, Cosv e Intersos. «Il caso del Darfur è esemplare proprio per la collaborazione partecipata tra tutti gli attori in causa», afferma.
Vita: In Sudan istituzioni e organizzazioni non governative hanno lavorato gomito a gomito. Lei pensa che sia il modus operandi più giusto per gestire le emergenze umanitarie?
Giuseppe Deodato: La grande novità del Darfur è che cooperazione e ong sono partite insieme per la prima volta fin dalla fase di progettazione. Non era mai accaduto. Le ong normalmente propongono un programma, il governo lo valuta e, se lo approva, stanzia i finanziamenti.
Vita: In futuro dunque sarà questa la strada da seguire?
Deodato: Assolutamente sì. Ogni intervento di cooperazione va condotto in collaborazione tra istituzioni, ong, associazioni e enti non profit. È la sfida da vincere.
Vita: Quali sarebbero i vantaggi?
Deodato: Intanto l?interazione rafforza tutte le parti in causa e poi accelera la realizzazione dei lavori.
Vita: Finora quali sono stati i risultati in Darfur?
Deodato: Mi pare che siano più che qualificanti: penso, ad esempio, alla ristrutturazione degli acquedotti e all?apertura di strutture sanitarie e scolastiche.
Vita: Ma c?è anche chi vi ha contestato ritardi nei lavori.
Deodato: Su questo ho molte riserve. Sono andato personalmente sul posto per una settimana a verificare lo stato degli interventi e posso dire che quanto è stato fatto in Darfur è al di fuori del comune. Tutti e trenta i progetti sono stati portati a termine entro le scadenze. Una settimana fa ho inaugurato personalmente Avamposto 55 e credo che nessuno possa negare la straordinarietà dell?opera: c?è un ospedale, una scuola, un?infermeria, un panificio, un parco giochi.
Vita: Non modificherebbe nulla delle strategie d?intervento che avete messo in campo?
Deodato: Il modello è più che positivo, ma ovviamente va approfondito e messo a punto, anche perché è la prima volta che lo adottiamo.
Vita: In che modo?
Deodato: In futuro cercherei di avere più attenzione sul fronte delle risorse umane: è importantissimo scegliere le persone adatte.
Vita: Vuol dire che il personale impiegato si è dimostrato impreparato?
Deodato: Assolutamente no, non sarei così forte. Dico soltanto che si può sempre fare di meglio. Anche sulla tempistica agirei diversamente. È importante vincolarsi su tempi ristretti e rispettarli. Noi invece siamo stati costretti a un rush finale e a un?accelerazione su tutti i fronti. Ma il bilancio resta positivo.
Vita: Come si conciliano queste aspirazioni con i tagli dei fondi alla cooperazione?
Deodato: È proprio per questo che la collaborazione con le ong diventa fondamentale. Se i finanziamenti diminuiscono, bisogna massimizzare la capacità operativa. Ovvio che poi è necessario mettere i soldi, non fa piacere a nessuno perderli. Ma la chiave d?uscita potrebbe venire anche dal far sapere all?opinione pubblica quanto fanno le ong e il non profit in generale.
Vita: Si riferisce alle donazioni?
Deodato: Anche, sono una risorsa preziosissima, che ovviamente andrebbe integrata con i fondi governativi e con quelli autonomi delle organizzazioni.
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