Volontariato

Terzo settore: obiettivo 20% degli impieghi

Intervista ad Alessandro Azzi, presidente di Federcasse

di Francesco Maggio

«Il 10% dei nostri impieghi vanno oggi al settore non profit. Il 22% alle imprese artigiane. Credo che possiamo verosimilmente arrivare a raggiungere nei prossimi anni anche per il terzo settore una simile percentuale. Certamente incrementeremo il nostro impegno in questa direzione». Alessandro Azzi, presidente di Federcasse, è fresco ?reduce? dal tredicesimo convegno nazionale delle BCC, svoltosi a Parma, nel quale, tra l?altro, è stata varata la Carta della coesione, che stabilisce i principi dell?organizzazione a rete del credito cooperativo. Con Vita Azzi traccia un bilancio dell?evento senza rinunciare a dire la sua sul ?terremoto Fiorani? che ha investito il mondo bancario.

Vita: Presidente, Parma ha sancito lo stato di ottima salute di cui godono le Bcc. Tuttavia, raggiungere alti traguardi non di rado è meno difficile che mantenerli. Quale è oggi la sfida più impegnativa che vi attende?
Alessandro Azzi: Una delle nostre priorità deve essere quella di riuscire a comunicare agli uomini delle Bcc la necessità di dover coniugare le esigenze di operatività comune, di sinergia, con quelle del mantenimento del valore identitario, del localismo, perché una volta che noi siamo coesi e motivati a lavorare insieme riusciamo a essere molto competitivi nei confronti della concorrenza.

Vita: La coesione è stata, con l?autonomia, la parola d?ordine del convegno. Ma come si fanno a mantenere coese 438 banche che non solo sono ?differenti? rispetto al resto del sistema bancario ma anche al loro interno?
Azzi: Innanzitutto ci sono alla base elementi comuni di tipo culturale e valoriale. Mentre dieci anni fa le casse rurali che stavano cambiando denominazione in Bcc non avevano fiducia nel loro modello e quelle di maggior successo pensavano che, inevitabilmente, avrebbero dovuto trasformarsi in banche popolari o in società per azioni, oggi non c?è nessun complesso di inferiorità da questo punto di vista. Semmai è vero il contrario, l?eccessivo orgoglio. Poi, naturalmente, queste banche sono cooperative mutualistiche locali e ciascuna declina sul proprio territorio questi fattori comuni secondo la sua storia, il suo dialetto, la sua sensibilità. Non dimentichiamoci che le Bcc prima che banche sono società di persone che vivono il loro territorio e, non essendo dei banchieri ?professionisti?, esprimono nella banca le sensibilità e le problematiche della gente.

Vita: Un altro leit motiv è stato che le Bcc sono controcorrente. Perché ci tenete tanto a sottolinearlo?
Azzi: Essere controcorrente nasce dalla consapevolezza di come ci siano luoghi comuni duri a essere sfatati. Per esempio, quello molto attuale, per cui si sente dire che «adesso stanno arrivando le cooperative nel sistema bancario». Oppure che le cooperative sono solo rosse. O, ancora, che la banca si può fare solo in termini di grandi gruppi. Sono pure idiozie che, tuttavia, si sentono in giro e quindi è importante smentirle.

Vita: Come valuta quanto sta emergendo in seguito al cosiddetto ?caso Fiorani??
Azzi: Se venissero confermate le voci di questi giorni su illeciti gravi compiuti da altre banche, credo che si dovrebbe aprire una vera e propria ?questione morale? all?interno del sistema creditizio. Spiace, soprattutto, che tali vicende abbiano riguardato banche legate in modo diretto o indiretto al mondo della cooperazione. Che non si merita certo di finire sulle prime pagine dei giornali in termini scandalistici o, peggio ancora, all?interno di cronache giudiziarie. Ritengo, in proposito, opportuno ribadire che la cooperazione in banca non nasce oggi e che, tramite il sistema delle BCC, vanta un percorso storico, valoriale, culturale ed economico di tutto rispetto.

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