Formazione

Gli aiuti nella morsa della guerra civile

Sos Trincomalee. La testimonianza di Franco Perlotto

di Chiara Brusini

Duecento morti da maggio ad oggi, di cui 50 solo nell?ultima settimana. Sono i caduti nella guerriglia tra l?esercito di Colombo e le Tigri Tamil, che non si è fermata neanche di fronte al maremoto. Franco Perlotto, esperto di cooperazione allo sviluppo e consulente del Dipartimento della Protezione civile presso il field office di Trincomalee, fa il quadro della situazione: «Molte delle 31mila vittime cingalesi dello tsunami erano originarie dell?area Tamil, spesso profughi di guerra rifugiati sulla costa orientale. Per questa ragione qui è stata inviata una buona fetta degli aiuti». Nelle enclave ancora controllate dai guerriglieri dell?Ltte – Liberation Tigers of Tamil Eelam è andata però solo una minima parte delle donazioni: «Da un lato c?è stata l?opposizione dei guerriglieri, che continuano a negarci l?accesso alla zona di Mullaitiviu dove pare nascondano gli arsenali, dall?altro il boicottaggio dell?esercito, che limita il numero di sacchi di cemento che le ong possono portare nelle zone controllate dai ribelli». In giugno, governo e Ltte avevano firmato un accordo. Ma la situazione si è nuovamente deteriorata e in luglio la Corte suprema ha sospeso l?applicazione del patto. Il 12 agosto il ministro degli Esteri, Lakshman Kadirgamar, di etnia Tamil ma da sempre forte oppositore dei guerriglieri, è stato ucciso da un cecchino. In questo contesto la stessa sicurezza dei cooperanti è a rischio. «Quando tutto è nella norma operiamo a un livello di pericolo di 2 – 3 sulla scala di 5 delle Nazioni Unite. Recentemente c?è stata una serie di attacchi Tamil alla popolazione musulmana della città di Muthur, e 11 cooperanti di Cosv e Intersos hanno chiesto di essere evacuati. Negli scontri Intersos ha perso due collaboratori locali». Le ong non contano su alcun servizio di sicurezza. L?unico scudo è un meccanismo di allarme che l?Onu dirama ai cooperanti via sms. Ma a mettere i bastoni tra le ruote ci si mette anche la burocrazia cingalese. «Oltre alle difficoltà per ottenere i visti di ingresso, all?inizio il governo esigeva tasse altissime per sdoganare i veicoli con gli aiuti. Ora c?è un meccanismo di esenzione, ma l?iter è talmente lungo e farraginoso che molte ong preferiscono continuare a pagare. Ci è anche giunta voce che nella zona orientale i guerriglieri Tamil pretendano tangenti dalle aziende locali impegnate nella ricostruzione. Noi siamo molto rigorosi con i nostri collaboratori: meglio rinunciare a lavorare piuttosto che finanziare l?acquisto di armi». Ma non è tutto: «Nei giorni di Arthal, una specie di ?sciopero? che viene proclamato quando viene ucciso qualcuno, dobbiamo sospendere ogni attività. E qui gli scontri fanno in media un paio di morti al giorno. Queste difficolta hanno prodotto un ritardo di due o tre mesi rispetto al resto del paese. Le case sono state quasi del tutto ricostruite, così come le scuole, ma l?ospedale è ancora indietro. Incrociando le dita, speriamo sia pronto per marzo».


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