Cultura
Papà e mamma, reclutatori dieci e lode
Famiglie volontarie. Il serbatoio inaffondabile di esperienze di gratuit
Il volontariato è come un ?gioiello di famiglia?: viene tramandato di generazione in generazione. Ne è certa Lucia Boccacin, sociologa e docente alla facoltà di Scienze della formazione alla Cattolica di Milano, che ha svolto una sorprendente indagine sulla trasmissione valoriale della famiglia nei giovani volontari. Mettendo a fuoco la relazione familiare e amicale di un campione di volontari tra i 24 e i 31 anni, residenti in Lombardia ed Emilia Romagna, la Boccacin ha scoperto che il volontariato si genera in famiglia e poi si tramanda, attraverso un patrimonio di conoscenze, di significati e di affetti, che generano nei figli comportamenti pro sociali.
La prassi donativa
Il risultato è che i ragazzi che in casa hanno fruito di una ?prassi donativa?, veicolata dalla madre o dal padre, da entrambi i genitori o da nonni e fratelli, proseguono nell?attività di volontariato. «In altri termini», spiega Lucia Boccacin, «gli intervistati paiono essere consapevoli del patrimonio di valori, ideali e insegnamenti – tra i quali l?attenzione alle necessità e alle difficoltà degli altri e il desiderio di attivarsi per cercare di farvi fronte – ricevuto nell?ambito della famiglia di origine».
Seguono le orme dei padri, ad esempio, i donatori di sangue. «Si tratta di un vero stile familiare», prosegue Boccacin. «Quando è sperimentato dai genitori, prosegue quasi naturalmente nei figli, per imitazione positiva». In altri ambiti, invece, c?è più eterogeneità: sul versante delle attività ricreative, dell?animazione, dell?educazione rivolta ai minori si registra una discreta continuità. Più drastico, invece, il passaggio generazionale quando le forme di volontariato assunte dai genitori sono molto coinvolgenti e rappresentano vere e proprie scelte di vita (come, ad esempio, le comunità familiari). «In questi casi, i figli sposano in pieno e continuano la scelta della famiglia, oppure ne prendono del tutto le distanze», conclude la sociologa.
D?altra parte, queste «volontarie per eccellenza», cioè le famiglie che compiono una scelta comunitaria d?accoglienza, sono un universo variegato e multiforme, «e rappresentano di certo, anche se in termini residuali dal punto di vista numerico, un?esperienza pro sociale fortissima», spiega la professoressa Roberta Bonini, docente di Sociologia dei servizi alla persona alla Cattolica di Piacenza, che sta completando una mappatura delle comunità familiari in Italia.
Una casa allargata
Viene da chiedersi se queste famiglie, unite da una relazione d?amicizia, da una scelta religiosa o da un progetto ideologico tramandato dalle comuni degli anni 70, sono il ?residuato? di un?esperienza ormai anacronistica o sono invece il futuro della solidarietà. «Il problema è che la nostra società post moderna è attenta solo ai fenomeni dissolutivi che interessano la famiglia», commenta la Bonini. «In realtà, queste forme neo comunitarie non sono un?evoluzione dei legami parentali, come potrebbero essere le famiglie ?allargate?, ma sono il risultato di una scelta consapevole dei loro componenti. Per questo rappresentano un elemento di novità».
Di sicuro, anche la famiglia ?tradizionale? ha un ruolo fondamentale per la crescita del volontariato. «È un vettore di valori e di esperienze, e innesca un processo di cui tutta la società finisce per beneficiare», aggiunge la Boccacin. «Purtroppo, però, oggi si trova sempre più delegittimata nel suo ruolo, oppure vista soltanto come il rifugio degli affetti rispetto a un mondo difficile. La famiglia pro sociale ci dice l?esatto contrario: la famiglia esiste e non è solo un luogo consolatorio, ma è un centro attivo e generativo di fiducia e solidarietà».
Per saperne di più
Boccacin L., Marto E. (a cura di)
Giovani-adulti, famiglia e volontariato.
Itinerari di costruzione dell’identità personale e sociale
Milano, Unicopli, 2003
pag. 300, euro 17
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