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La chance del Natale: mettersi in gioco

Se il Natale per chi crede è la festa di un Dio che prende l’iniziativa più clamorosa che si possa pensare, il Natale per tutti può essere davvero il giorno dell’uomo che si mette in gioco

di Giuseppe Frangi

È che c?è del nuovo, un nuovo incontestabile, un nuovo irrecusabile, un nuovo irrevocabile, un nuovo irreversibile. Si passa dal punto in cui non c?era niente al punto in cui c?è qualcosa
Charles Péguy

E’ questa la frase che noi di Vita abbiamo scelto per i biglietti di Natale di quest?anno. Una frase che ci ha colpito, perché esprime con la sincerità totale propria di quel grande socialista cristiano che è stato Péguy, un sentimento, un?attesa che ogni uomo custodisce nel suo cuore e nella sua testa.

Péguy dice che senza questo ?nuovo?, a cui non assegna immediatamente un nome, la storia diventa un rito crudele, un cammino senza meta e senza speranza. Ci vuole un nuovo che muova il mondo, che lo sospinga verso un assetto migliore; o, per dirla con l?unica parola che rende bene l?idea, che lo faccia essere più felice. Ma qual è quella forza in grado di muovere il mondo, di schiodarlo dal cinismo, dalla confusione, dal cupo catastrofismo, dalla malinconia che annebbia l?azione? Ognuno dà la risposta che alla luce della sua esperienza sembra più adeguata: ma è indubbio che senza questa speranza o certezza di un ?nuovo? tutti restiamo prigionieri di un destino già segnato. Indubbiamente il cristianesimo è la religione del nuovo: il Dio che facendosi carne irrompe nella storia è la cosa più carica di novità che un uomo possa immaginare. Ma quella frase di Péguy ci interessa in primis per il dinamismo che suggerisce: l?uomo che non bara con se stesso, che non si arrende al fatalismo, che desidera per sé e per tutti un di più, è un uomo che si muove, che si fa, umilmente ma caparbiamente, promotore a sua volta di un ?nuovo?.

Se il Natale per chi crede è la festa di un Dio che prende l?iniziativa più clamorosa che si possa pensare, il Natale per tutti può essere davvero il giorno-simbolo dell?uomo che si mette in gioco, che esce allo scoperto e gioca le sue carte per cambiare le cose.

Oggi a questo stesso uomo si raccomanda con insistenza la necessità di un?etica. Ma a volte sembra che questi richiami siano strumentali a una ?in azione?; che l?etica venga giocata quasi come ostacolo a che questo nuovo accada. Lo aveva capito benissimo un altro grande cristiano come Dietrich Bonhoeffer, che certo non doveva prendere lezioni di etica da nessuno (morì impiccato in campo di concentramento il 9 aprile 1945 per ordine personale di Hitler), e che aveva scritto queste parole profetiche: «Le epoche in cui il fatto etico diventa tema di riflessione sono necessarie e hanno una funzione purificatrice e rinnovatrice per la comunità umana. Se questi periodi si prolungano oltre il necessario, diventano pericolosi sotto molti aspetti: l?etica cessa di essere intesa come una parola ?suprema? e viene sostituita da un piatto moralismo e da un pedagogismo prosaico?»

Il piatto moralismo e il pedagogismo prosaico: come non riconoscere in queste due folgoranti definizioni l?assetto dominante del mondo che abbiamo davanti? Ecco perché ci auguriamo con Péguy che un ?nuovo? irrecusabile rompa questo status quo. E per questo abbiamo voluto dedicare questo numero ai volontari. Cioè all?unica scelta etica che rispettiamo, quella di chi si mette in gioco. Gratuitamente e in nome di un interesse più grande: il bene comune.

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