Welfare

Tsunami, Caritas: vittime potrebbero essere 400mila

L'organizzazione internazionale ha raccolto 450 milioni di dollari

di Redazione

Le vittime accertate dello tsunami che un anno fa, il 26 dicembre 2004, ha colpito il sud-est asiatico sono circa 191 mila, ma potrebbero essere piu’ del doppio secondo la percezione della Caritas internazionale, che ha fatto una stima a campione basandosi sui dati comunicati dalle Caritas locali. Lo hanno reso noto i dirigenti dell’organizzazione pastorale, nel corso di una conferenza stampa organizzata a Roma per presentare l’opuscolo ”Tsunami un anno dopo”. ”Solo a Banda Aceh, per esempio – ha spiegato Paolo Beccegato della Caritas Italiana – le cifre ufficiali parlano di 1.500 vittime, ma le comunita’ locali stimano perdite per 25 mila persone”. Inoltre, nel triste computo dei morti spesso non sono stati incluse persone sconosciute all’anagrafe locale, come ad esempio i tantissimi rifugiati birmani presenti clandestinamente in Thailandia. Questo porta la Caritas a considerare realistica la cifra di 400 mila morti. L’organizzazione, e’ stato sottolineato oggi, e’ intervenuta tempestivamente nei Paesi colpiti dallo tsunami, grazie alla sua presenza capillare nelle comunita’ locali: gia’ poche ore dopo la tragedia, i membri delle Caritas locali riuscivano a portare generi di soccorso ai sopravvissuti, assistendo in questa prima fase quasi mezzo milione di persone. Il resto della Confederazione e’ intervenuta in seguito, fornendo esperti in alloggio, alimentazione, salute e sviluppo, nonche’ con fondi. Ingenti, questi ultimi: in tutto il mondo, sono stati raccolti circa 450 milioni di dollari; 24,5 milioni di euro il risultato della colletta italiana, la cifra piu’ alta mai raccolta da Caritas Italiana. Con questa quantita’ ingente di soldi – e’ stato sottolineato – si e’ cercato e si continua a cercare di ”trasformare il disastro in un’opportunita’ per aiutare le persone colpite a ricostruire comunita’ piu’ solide e piu’ vivibili”. Non solo, quindi, riportare le comunita’ alla situazione pre-tsunami, ma migliorarne le condizioni, in un’ottica di ”sviluppo sostenibile”; che vuol dire, ad esempio, non distruggere le foreste di mangrovia che sono essenziali per fronteggiare queste calamita’, oppure sostenere i pescatori che devono fronteggiare la pressione dei tour operator turistici che vorrebbero espropriarli del loro territorio per costruire alberghi. Molti i problemi che la Caritas, cosi’ come le altre organizzazioni umanitarie, si trovano ora a dover fronteggiare: dalla corruzione locale (”bisogna stare attenti a non alimentare questo circolo vizioso” ha detto il presidente di Caritas Internazionale, Denis Vienot), alla tratta dei bambini, un problema esistente gia’ in alcuni di quei Paesi prima dello tsunami, che pero’ si e’ aggravato con l’aumento del numero di orfani dopo la tragedia. ”Si cerca di affidare i piccoli alle famiglie allargate – ha spiegato Mary Healy della Caritas irlandese – cioe’ a famiglie numerose che sono conosciute dai nostri funzionari, piuttosto che raccoglierli in gruppi”. ”La scelta della Caritas e’ quella di essere presente anche dopo che i riflettori si spegneranno su questa immane tragedia” ha detto Beccegato, che ha parlato di ”emergenza note e meno note” e ha denunciato che ”se i danni dichiarati dai governi dei Paesi colpiti ammontano a 11 miliardi di dollari, il solo debito indonesiano e’ di 7 miliardi”. La cancellazione del debito dei Paesi colpiti dallo tsunami e da tutte le altre tragedie, quindi, resta ”la questione che la Santa Sede e la Caritas pongono con forza”.


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