Economia

Cooperazione sociale, il territorio dice la sua

Obiettivo: diventare motore di sviluppo della comunità, potenziando la struttura a rete, dando più spazio al privato sociale, meno alla gerarchia pubblica

di Chiara Sirna

Si avvicina la quarta assemblea organizzativa di Federsolidarietà/Confcooperative e la cooperazione sociale fa il punto sull?evoluzione del proprio ruolo, oggi. Ruolo che per mantenere incisività e protagonismo richiede di innovare costantemente i propri modelli organizzativi, anche alla luce della recente legge normativa sull?impresa sociale. Una riflessione che parte da lontano e che si è arricchita lungo il percorso anche con i contributi provenienti dalle assemblee regionali in preparazione del grande appuntamento nazionale previsto a Roma il 17 e 18 gennaio 2006. Ecco alcune criticità e bisogni emersi nei diversi territori. Qui Emilia-romagna I servizi in rete? Ancora un sogno In Emilia-Romagna, per esempio, dire che sia rimasta lettera morta sarebbe eccessivo, ma certamente il recepimento della legge quadro 328/2000 sulla gestione integrata dei servizi sociali procede lentamente. E il rischio è che il terzo settore resti relegato in un angolo. «Si è preferito creare aziende pubbliche», afferma Davide Drei, presidente di Federsolidarietà Emilia-Romagna «che di fatto ci confinano all?erogazione di servizi. Anche le ex municipalizzate si sono accorpate seguendo logiche di contrazione delle spese: il risultato è che abbiamo meno impieghi per i soggetti svantaggiati». Soprattutto nei settori storici dell?inserimento lavorativo come la manutenzione del verde. Il lavoro in rete invece sarebbe la chiave di volta, anche per le nuove frontiere della cooperazione: «Gli stranieri sono una ricchezza per le industrie. Con le nostre politiche abitative e di integrazione si potrebbero coniugare la crescita economica e quella sociale». Qui Puglia Più lavoro ai più deboli In Puglia le cooperative crescono ma il lavoro per i soggetti svantaggiati scarseggia. «Sull?inserimento siamo in fase embrionale», spiega il presidente regionale di Federsolidarietà, Gianfranco Visicchio. «Come esperienze innovative abbiamo una mensa gestita da 15 detenuti nel carcere di Trani o servizi antirandagismo per altri 15 tra detenuti ed ex tossicodipendenti; il resto sono lavori tradizionali di pulizia e manutenzione verde, ma poco sviluppati». Sono molto più numerose infatti sul territorio le cooperative di tipo A rispetto alle B, con rispettivamente 2.718 occupati contro 830, di cui solo il 40% (332) svantaggiati. E forse a rallentare l?espansione hanno contribuito la mancanza di personale preparato e di coordinamento su stampo consortile. «Servono figure manageriali, ma l?università in Puglia non offre nemmeno un master di gestione di imprese non profit. È un grave handicap», continua Visicchio, «chiederemo collaborazioni su questo fronte e anche organismi interregionali. Poi bisogna incentivare i finanziamenti e le collaborazioni con le istituzioni, ancora troppo chiuse». Qui Umbria Un appello alla sussidiarietà partecipata Meno gerarchia pubblica e più spazio al privato sociale, per una sussidiarietà che non sia soltanto a parole, ma a fatti. È questo l?appello che Federsolidarietà Umbria ha rivolto alla presidente della Regione, Maria Rita Lorenzetti e al sottosegretario al Lavoro, alla salute e alle politiche sociali del governo, Grazia Sestini, presenti all?assemblea interna. «Il welfare», ha spiegato il presidente Giovanni Bonifazi, «deve abbandonare il rapporto gerarchico tra pubblico e cittadino per valorizzare il privato sociale. Finora siamo stati il braccio operativo delle amministrazioni che non volevano una cooperazione forte e indipendente, ma è ora di uscire da questa impasse». A patto però che si avvi un processo di liberalizzazione concreto. «Le tariffe per l?erogazione di servizi ci hanno penalizzato», conclude Bonifazi. «Siamo gli unici, oltre alle Marche, ad avere parametri rigidi. In altre regioni c?è più spazio per la contrattazione tra pubblico e privato sociale, da noi invece è stata impedita la libera concorrenza tra le cooperative favorendo di fatto il controllo pubblico». Qui Veneto Una legge a misura dei cooperanti Dare un ruolo chiave all?impresa sociale. È con quest?obiettivo che si è conclusa l?assemblea veneta, con una proposta di modifica della legge regionale 24/94 sulla cooperazione: 32 articoli divisi in 7 capitoli per rilanciare un modello di sussidiarietà che negli anni si è di fatto arenato. «Chi altro può perseguire la coesione sociale, relazionale e la crescita economica se non le cooperative?», spiega Ugo Campagnaro, presidente di Federsolidarietà Veneto. «L?articolo 118 della Costituzione dice che bisogna favorire l?autonoma iniziativa dei cittadini in base al principio di sussidiarietà». Ma per farlo bisogna iniziare a potenziare l?intreccio di interventi pubblici e privati. «Abbiamo oltre 30mila badanti straniere, immigrati, sempre più anziani e donne lavoratrici», continua Campagnaro. «L?unica via d?uscita è dare risposte coordinate e il nostro ruolo è essenziale perché sappiamo coinvolgere il territorio». Qui Val d?aosta La sfida dell?autonomia Centoventimila abitanti, una superficie ridotta, ma comunque una cooperazione attiva, con 900 addetti, 31 cooperative, 19 milioni di fatturato aggregato e un milione di capitale sociale. Eppure i punti di debolezza della cooperazione sociale valdostana non mancano, a cominciare dalla scarsa autonomia. «L?esternalizzazione dei servizi da parte delle pubbliche amministrazioni», spiega Riccardo Jacquemod, presidente di Federsolidarietà in Val D?Aosta, «è schiacciante. Di fronte alla cospicua contrazione di risorse ci troviamo impreparati. Bisogna cominciare a battere strade inedite, soprattutto per l?inserimento lavorativo. Penso anche ai servizi per le nuove povertà, come stranieri, anziani, donne lavoratrici e in particolare alle emergenze abitative, con una popolazione ammassata nel capoluogo». Drei, Visicchio, Bonifazi, Campagnaro e Jacquemod hanno illustrato i primi riscontri, mentre sono ancora in atto le altre assemblee regionali. Altri contributi, quindi, si aggiungeranno confluendo nel documento finale che rappresenterà la piattaforma di proposta di Federsolidarietà/ Confcooperative per l?innovazione delle politiche attive del lavoro e del welfare del nostro paese per i prossimi anni.


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