Cultura

Amico di tutti, ma Strada va per la sua strada

Intervista a 360 gradi con il fondatore di Emergency. «Non voglio fare il primo della classe. Ma pesiamo di più se ciascuno fa valere le proprie ragioni»

di Paolo Manzo

Entro nella sede milanese di Emergency in via Meravigli, rifugio per Gino Strada quando ritorna dai suoi lunghi viaggi in giro per il mondo. Obiettivo: conoscere meglio la realtà di questa ong che ha rivoluzionato il modo italiano di fare comunicazione e cooperazione. Ne viene fuori una chiacchierata di un paio d?ore in cui i temi trattati sono stati molteplici: dai progetti in Sudan ai tagli alla cooperazione, dalla legge 49 ai due milioni e 970mila euro di contributo ricevuti dal Mae, il ministero degli Affari esteri italiano. Vita: Partiamo dal finanziamento… Gino Strada: Chiariamo che quello del ministero degli Esteri non è un finanziamento, perché di quei soldi nelle casse di Emergency non entra nulla. Si tratta semplicemente di un riconoscimento di conformità del nostro progetto in Sudan che ci serve, perché ci semplifica enormemente il reclutamento del personale. Vita: Quale sarebbe stato il problema? Strada: Che in Italia abbiamo una legge sulla cooperazione che è da terzo mondo. Anzi, non diciamo così per non offendere il terzo mondo. Una legge assurda che non consente al personale sanitario di avere un?aspettativa, a meno di fare un?interruzione della carriera. In soldoni, se un medico presta la sua opera per un anno in Sudan deve poi lavorare un anno in più in Italia per aver diritto alla pensione. Col riconoscimento di conformità della Farnesina, invece, l?aspettativa è automatica. Vita: Oltre a questo finanziamento pubblico, ciò che colpisce di Emergency è che sia riuscita a lanciare un marchio. Lei ci ha messo la faccia ed è una persona di cui gli italiani si fidano. Da questo punto di vista non crede che Emergency sia l?ong italiana più anglosassone che esista perché ha capito da subito che conveniva puntare sul fund raising privato? Strada: Sono refrattario alle classificazioni ma, certamente, Emergency si è sempre finanziata soprattutto con donazioni private. La nostra donazione media è di 30 euro, c?è un?enorme quantità di piccole donazioni e, quindi, un sostegno e un consenso diffuso. Vita: Come se lo spiega? Strada: In primo luogo l?alta professionalità dei nostri interventi. Noi mettiamo su ospedali che sono strutture permanenti e di alta qualità, dove addestriamo personale locale al fine di lasciare qualcosa che di fatto modifica la situazione sanitaria del Paese dove interveniamo. Altra componente sono i nostri bassissimi costi amministrativi, pari al 6,1% medio nei primi 10 anni di attività. Quasi il 94% dei soldi che riceviamo, quindi, va in aiuti, e la nostra macchina funziona con costi bassi grazie all?alto numero di volontari. Vita: Come sono organizzati? Strada: Oggi ci sono circa 200 gruppi di Emergency, per un totale di circa 5mila volontari attivi in tutta Italia. Anche questo consente di far passare i nostri messaggi senza spese organizzative. Vita: Oltre al Sudan, dove siete presenti? Strada: In Afghanistan, Cambogia, Sierra Leone e Nicaragua. Vita: Dopo Africa e Asia, dunque, anche America latina? Strada: Sì, in Nicaragua stiamo facendo da tre anni un lavoro di sostegno a una struttura chiamata Casa de las mujeres, che si occupa delle donne dal punto di vista socio-sanitario. Forniamo trattamenti gratuiti per problemi ostetrici, ginecologici e oncologici, visto che uno dei tumori più diffusi nella regione colpisce l?apparato genitale femminile e nel paese non esiste un servizio sanitario nazionale gratuito. Nei mesi scorsi l?ambasciatore italiano in Nicaragua ha proposto al Mae di assegnarci l?ex edificio dell?ambasciata italiana di Managua. La proposta è stata accolta e l?edificio ci verrà dato. Adesso stiamo facendo dei sopralluoghi per ristrutturarlo e farlo diventare un ospedale pediatrico, entro fine primavera 2006. Vita: Siete in espansione ma, com?è normale, aumentano i costi. Il vostro ultimo bilancio a quanto ammontava? Strada: È stato appena pubblicato ed è intorno ai 15 milioni di euro. Un budget irrisorio rispetto a quello delle grandi ong che, quindi, ci pone sempre il problema di decidere dove impiegare le risorse. Vita: Quanti sono i vostri dipendenti? Strada: 45 persone circa, tra la sede milanese e quella di Roma. Vita: Nel 2004 quanto avete ricevuto come donazioni da privati? Strada: Bisogna distinguere se si intendono cittadini o aziende… Il 70%, comunque, ci arriva dall?azionariato diffuso delle singole persone, il restante 30% da enti locali, fondazioni, per specifici progetti, da fondazioni bancarie. Il totale è sui 15 milioni di euro, con cui dobbiamo mantenere una decina tra ospedali e centri di riabilitazione, 51 cliniche e posti di primo soccorso di cui 24 in Afghanistan. Insomma, la coperta è corta… Vita: Si è parlato della necessità di riformare la legge 49 sulla cooperazione. Se si facesse una campagna per la riforma ci sarebbe la disponibilità a far sentire la voce di Emergency? Strada: Io mi limito a osservare che la legge attuale rende più difficile il lavoro umanitario invece che facilitarlo. Non sono in grado di proporre modifiche specifiche ma qualcosa andrebbe fatto. Sono almeno 30 anni che se ne parla. Vita: L?Italia ha sottoscritto gli Obiettivi del Millennio per cui nel 2015 dovremmo raggiungere lo 0,7 % nel rapporto Aps/Pil. Se, tuttavia, togliamo la cancellazione del debito all?Iraq quest?anno arriviamo allo 0,1%. Che ne pensa? Strada: Che questo riflette un fatto evidente: i governi sono sempre meno interessati a quel che accade ai cittadini, figuriamoci poi a quelli a migliaia di chilometri di distanza. Vita: Sui tagli alla cooperazione e sul nostro 0,1% di Aps sul Pil, Emergency è disposta a far sentire la sua voce? Strada: L?abbiamo sempre fatto, ma siamo un po? refrattari a usare il nostro tempo in comitati, coordinamenti e simili… Credo che le organizzazioni abbiano un peso per quello che sono e che se si mettono insieme in tre non aumenti di tre volte il loro peso. Al massimo è uguale, in qualche caso diminuisce. Ritengo giusto, quindi, che ognuno sostenga le sue ragioni per conto suo. Non voglio fare il primo della classe ma non ritengo di aver voce in capitolo sui due schieramenti. Insomma, non è una questione di destra o sinistra.


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