Mondo
Tra le aziende cresce la voglia di non profit
L'Opera San Francesco di Milano ha sondato la propensione alla donazione fra le ditte con sede nel capoluogo lombardo.I risultati?Una forte disponibilità.
Meno profitti, più aiuti al non profit. No, non è uno slogan ideologico, formulato da gruppuscoli estremisti del Terzo settore che hanno preso in odio il capitalismo e ogni sua espressione imprenditoriale. Si tratta invece della descrizione di una situazione in atto, di una tendenza sempre più consolidata fra le imprese di casa nostra: assegnare una parte del bilancio a uno scopo umanitario o al progetto presentato da un?associazione non profit. Perché le buone cause fanno bene alle aziende. E così le aziende fanno del bene a chi le buone cause le porta avanti. Nell?interesse reciproco.
Ma cosa può indurre un?azienda a effettuare una donazione a favore di un?organizzazione impegnata in una ?buona causa?? Ha cercato di capirlo una duplice indagine svolta dall?istituto di ricerca Astra/Demoskopea per conto della Fondazione Opera San Francesco di Milano, i ?frati di viale Piave? (una indagine ha sondato la propensione alla donazione nelle aziende con sede a Milano, l?altra per indagare quanto il mondo imprenditoriale ambrosiano conosce le attività della stessa Opera San Francesco). Innanzitutto contano l?onestà e la trasparenza dell?organizzazione (67,1%), la sua efficienza (29%), il radicamento locale (18%), la capacità di proporre progetti validi e fattibili (9%), la capacità di comunicare in modo efficace e motivante (6%). Sul fronte, invece, delle motivazioni dell?azienda donatrice, prevalgono istanze etiche quali il dovere morale di fornire sostegno ai bisognosi (54%), l?impegno dell?impresa a contribuire alla crescita della società e alla soluzione di alcuni suoi pressanti problemi (35%), l?impegno aziendale nella comunità locale (22%), la volontà di supplire alle carenze dello Stato (17%).
Quali invece le principali difficoltà che incontrano le aziende quando decidono di erogare liberalità alle organizzazioni non profit? Esse vengono prevalentemente ricondotte al numero esorbitante di richieste di donazioni (82%), all?inefficienza di troppe organizzazioni (71%), alla scarsa leggibilità e trasparenza dei loro bilanci (70%).
Servono progetti di qualità
Le ricerche, la cui realizzazione ha comportato tra l?altro l?invio a circa 2.000 imprese con sede a Milano e provincia di altrettanti questionari, hanno esplorato un universo imprenditoriale quantomai variegato, sia in termini di settore (il 55% appartenente al settore industriale, il 34% al terziario, l?11% a settori diversi, come ad esempio la distribuzione) che di fatturato (il 18% delle aziende indagate denuncia un fatturato inferiore al miliardo, il 30% tra il miliardo ed i 10 miliardi, il 31% tra i 10 e i 50, il 3% tra i 50 ed i 100, il 14% tra i 100 ed i 1000, il 4% oltre i 1000 miliardi). Ne è emersa non solo la già sottolineata, incoraggiante propensione delle aziende milanesi a donare (pur in presenza di difficoltà di non scarsa rilevanza), ma anche una diffusa cultura dell?occasionalità della donazione (le due modalità di donazioni giudicate più valide dagli intervistati sono state per il 62%, quella ?una tantum? all?organizzazione, e per il 32% quella ?una tantum? al singolo progetto) che evidentemente supera i confini del capoluogo lombardo ed implica una riflessione più generale: «Non sono sorpreso di constatare questo crescente interesse delle aziende verso le organizzazioni non profit», afferma Ernesto Caffo del telefono azzurro, «ma fondamentalmente perché esse da noi hanno accumulato un forte ritardo rispetto a quanto da tempo vanno facendo le multinazionali». «Non è un caso», continua Caffo, «che i manager più sensibili ai temi del sociale (ed ai ritorni di immagine che esso può dare) siano quasi tutti anglosassoni o, comunque, di formazione anglosassone».
Anche Rossano Bartoli, segretario generale della Lega del Filo d?oro, concorda con l?analisi di Caffo, ma preferisce porre l?accento sulla qualità dei progetti: «Troppo spesso le organizzazioni impegnate in una buona causa rivendicano finanziamenti dalle imprese, prescindendo però dalla effettiva validità dei progetti che intendono sviluppare. Ma così facendo, commettono un grave errore, perché compromettono seriamente la possibilità di instaurare con l?azienda rapporti di collaborazione duraturi e di reciproca convenienza: quella dell?organizzazione non profit, di garantirsi entrate non solo occasionali e quella dell?azienda che, legando la propria immagine ad un progetto ad alto impatto sociale, può incrementare la visibilità esterna».
Le imprese protagoniste
E le aziende si riconoscono nelle tendenze emerse dalla ricerca? «Noi siamo subissati di richieste di contributi», sostiene Susanna Leto di Priolo, responsabile delle relazioni esterne della Bracco, «perciò la nostra politica è di non privilegiare una determinata associazione ma di sostenere, volta per volta, l?iniziativa che ci sembra più interessante». In una sorta di via di mezzo si colloca la strategia della Levi?s: «Anche noi riceviamo un elevato numero di richieste di finanziamenti alle quali spesso rispondiamo affermativamente», conferma Tullio Portone, amministratore delegato della nota azienda di jeans, «ma negli ultimi tempi il nostro preciso intento è quello di contribuire ad alleviare il disagio dei ragazzi tra i 14 e 20 anni (principali clienti della Levi?s), sostenendo quelle associazioni impegnate in questa missione».
Decisamente ?orientato? è invece l?approccio alla donazione seguito dalla Mercedes Benz: «Già da alcuni anni abbiamo fatto una precisa scelta di campo», sottolinea Giovanni Buttitta, direttore della comunicazione ed immagine della casa automobilistica con la stella a tre punte, «stabilendo di legare continuativamente il nostro marchio ad iniziative solidaristiche che riguardano l?infanzia, le grosse calamità, il settore socio-sanitario». Il dibattito è appena agli inizi.
Quei frati piacciono all?imprenditore
L?Opera San Francesco per i poveri, fondata 40 anni fa dai frati minori cappuccini di viale Piave in Milano, è una fondazione che svolge attività di assistenza e promozione sociale per emarginati e senza fissa dimora. L?Opera gestisce mensa, poliambulatorio, docce e guardaroba, segretariato sociale. La mensa, attiva dal 1959, ogni giorno offre due pasti caldi a circa 1.500 persone. Dal 1989 esiste un poliambulatorio per rispondere ai bisogni di chi non ha la possibilità di accedere alle prestazioni del Ssn. Solo per gli uomini, c?è anche la possibilità di fare una doccia calda e di ricevere un cambio completo di biancheria ogni 7 giorni. Il servizio di segretariato sociale, infine, si occupa dell?accoglienza ai poveri, cui viene rilasciato un ?pass? per accedere ai servizi dell?Opera. Per conoscere meglio la ?reputazione? di cui gode l?Opera presso le aziende milanesi e quali margini di collaborazione esistano, la fondazione ha commissionato ad Astra/ Demoskopea una ricerca da cui è emerso non solo un apprezzamento, spesso entusiastico, delle imprese per l?attività dei cappuccini di via Piave (il 61% del campione si dice assai interessato a cosa l?Opera fa), ma anche una manifesta disponibilità a sostenere le iniziative di solidarietà in cantiere.
Per informazioni sull?Opera San Francesco di viale Piave a Milano: tel. 0229528696, fax 0229525100
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