Mondo

Adozioni, il no dell’est

Inchiesta/ Ucraina, Russia, Bielorussia e Romania hanno praticamente chiuso le porte. Oltre 4mila coppie aspettano un bambino per mesi o anni.

di Benedetta Verrini

La Federazione Russa, il gigante con 200mila minori in orfanotrofio e 700mila fuori dalla famiglia, a maggio sarà in pieno blocco operativo. La Bielorussia, messa al bando dalla Ue, lascia margini ridottissimi. L?Ucraina, con i suoi 27 internat da 100mila minori, è paralizzata da un?inchiesta internazionale su traffici sporchissimi. La Romania ha definitivamente sbarrato i suoi cancelli, chiudendo dentro oltre 40mila bambini. L?Est Europa, l?Eldorado dell?adozione internazionale, è diventato l?inferno. E per le coppie italiane che lo hanno scelto come meta preferenziale (il 60% delle 8mila che hanno già conferito mandato agli enti) è un calvario scandito tra attese infinite, schede lacunose o errate, rischi di corruzione e, soprattutto, di figli già incontrati e poi bloccati in istituto.

Il bazar ucraino
Il malessere, nell?aria da mesi, è scoppiato in queste settimane dopo un reportage-choc del Messaggero sulla peggiore frontiera dell?Est, l?Ucraina. Tra il 13 e il 14 dicembre, 19 enti autorizzati sono passati dagli uffici Cai, a Roma, per un ?colloquio individuale? nell?ambito di un?inchiesta avviata per verificare i fatti riportati dal quotidiano romano, che a fine novembre ha denunciato un ?mercato parallelo? di bambini selezionati in base all?età e alle condizioni di salute, oltre a tangenti, ostruzionismi e ricatti a danno di chi voleva attenersi alle regole. L?Ucraina, tuttora in cima alla classifica delle provenienze dei bimbi adottati, era già stata ?messa al bando? nel 2002 dall?ex presidente Cai, Melita Cavallo, che aveva temporaneamente bloccato le adozioni. Ma ora la faccenda si è arricchita di nomi e volti, più che di sospetti: un mediatore ucraino, vicino al Centro adozioni di Kiev, arrestato, scarcerato e poi sparito dalla circolazione; un funzionario dell?ambasciata italiana improvvisamente trasferito in Argentina; un ristoratore italiano che garantiva il pacchetto alloggio-vitto e contatto in loco.

Malessere tra gli enti
«L?Ucraina rappresenta un problema che noi denunciamo da diversi anni: non ha ratificato la Convenzione dell?Aja e non riconosce gli enti autorizzati», sottolinea il presidente AiBi, Marco Griffini. «La vera questione, purtroppo, è che tra gli scandali e le mille difficoltà operative che l?Est nasconde, si fa sempre più strada la sensazione che la Commissione fatichi a svolgere le sue funzioni di controllo e promozione del sistema». Non è il solo, il presidente AiBi, a pensare che nell?attuale quadro, drammatico, dei blocchi nell?Est , l?autorità centrale italiana dovrebbe esercitare con molta più forza il suo ruolo di controllo della legalità, di gestione dei rapporti con i Paesi esteri, di promozione della cultura adottiva.

Dalla ?melina? messa in atto prima della firma per lo sblocco delle adozioni sospese in Bielorussia, all?ostinazione nel voler concludere accordi bilaterali tra Stati, che da quattro anni rende del tutto impossibile l?adozione in Cina, paese in cui i francesi fanno quasi il 50% delle adozioni. Il motivo? Un atto bilaterale intergovernativo è troppo impegnativo, mentre basterebbe un protocollo operativo su base amministrativa a far partire la macchina. Ancora, nel cahier de doléances ci sono le adozioni in Marocco sempre al palo e i tanti enti in attesa di estensioni dell?autorizzazione per operare in altre regioni del mondo e alleggerire la pressione sui paesi dell?Est.

Di certo, tra gli enti il malessere cresce sempre più. «Non c?è un solo attore, nel sistema-adozione, che possa dirsi soddisfatto di come stanno andando le cose», dice Gianfranco Arnoletti, presidente del Cifa. «Le coppie sono esasperate, gli enti in difficoltà, le sedi consolari irritate, per non dire di come stanno i bambini che aspettano».

Russia, verso la paralisi
Appena tre settimane fa, il Cifa ha denunciato il problema del mancato rinnovo degli accreditamenti agli enti italiani da parte del governo russo. «Quando abbiamo sollevato la questione», prosegue Arnoletti, «siamo stati accusati di fare allarmismi. Può darsi che vediamo la cosa da punti di vista differenti, certo, ma siamo pressati dalle coppie che vivono un grave disagio. In realtà, alla Cai e alle istituzioni chiediamo solo una visione strategica sul futuro: che succederà in Federazione Russa quando anche gli altri enti, a maggio, si troveranno senza accreditamento?».

Oggi, gran parte degli enti non accettano più coppie sulla rotta di Mosca. La lista d?attesa si farebbe troppo lunga e indefinita. E poi, devono gestire il dramma della sospensione: «Abbiamo 50 coppie in lista d?attesa. Alcuni dei bambini interessati si trovano in sostegno psicologico, perché vivono il terrore di un nuovo abbandono», spiega Griffini, di ritorno dalla regione di Vladimir dove AiBi ha aperto un centro per il sostegno al lavoro dei ragazzi che, raggiunta la maggiore età, escono dagli internat più spaesati che mai.

Quando si entra nel ?calvario dell?Est?, non si sa più quando se ne uscirà. «Nella regione in cui operiamo, in Federazione Russa, i tempi d?attesa per l?abbinamento sono ragionevoli, nei termini di 2-3 mesi, ma poi si apre la fase estenuante presso i tribunali ordinari russi, che non fissano le udienze e fanno attendere anche diversi mesi», commenta Anna Maria Colella, responsabile dell?Agenzia regionale piemontese per le adozioni, l?unico ente pubblico operativo nel settore.

Non si sa quanto dovranno attendere i bambini della Romania, dove una legge approvata in gennaio ha messo la parola fine a ogni tipo di adozione internazionale. L?europarlamentare Luciana Sbarbati, impegnata nel monitoraggio per l?annessione del paese nella Ue, è piuttosto chiara: «La legge e la paralisi delle adozioni in itinere costituiscono un problema di violazione dei diritti umani. Stiamo lavorando per far sì che si possa procedere almeno alla soluzione dei casi ancora irrisolti».

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