Welfare

Amnistia, un’idea umana e razionale

Continua la campagna per un'amnistia a Natale. In anteprima l'editoriale del numero di VITA in edicola da oggi, che completa l'approfondimento sulle carceri presente nel numero

di Riccardo Bonacina

Hanno da poco messo una targa in Parlamento per ricordare quella prima storica visita di un Papa nel cuore delle istituzioni repubblicane, il 14 novembre 2002. Una visita in cui Giovanni Paolo II disse ai legislatori: «Merita attenzione la situazione delle carceri, nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento. Mi rivolgo con fiducia a voi per invocare un segno di clemenza a vantaggio di tutti i detenuti: astenersi da azioni promozionali nei confronti del detenuto significherebbe ridurre la misura detentiva a mera ritorsione sociale, rendendola soltanto odiosa». Un appello che gli stessi parlamentari di oggi salutarono con un?ovazione lunga sei minuti. Eppure, da allora il nulla, se non un avvilente ping pong politico-parlamentare fatto di divieti incrociati. Due anni fa, commentando l?ennesimo riaccendersi di un dibattito sull?indulto, Adriano Sofri (vittima in questi giorni della cattiveria e piccineria del ministro Castelli), disse: «C?è una specie di ritirata dal campo della grazia non per starsene nel campo della giustizia (che si sa essere abitato dall?iniquità universale) ma in quello della convenienza politica». Nel frattempo le condizioni di sovraffollamento delle carceri italiane sono di gran lunga peggiorate: la popolazione carceraria con i suoi 60mila abitanti ha raggiunto il suo record storico. Un?emergenza che riguarda persone in carne ed ossa che vivono in spazi dove potrebbero viverne al massimo due terzi di loro, in situazioni abominevoli dal punto di vista igienico e della vivibilità. L?area penale, cioè l?area di cittadini interessata a misure restrittive, ha toccato la cifra impressionante di 190mila persone (erano 36mila nel 1990). Senza dimenticare i 6 milioni di procedimenti penali in corso. Eppure, negli ultimi 30 anni, si sono spesi per l?amministrazione penitenziaria più di tre miliardi di euro. Una cifra, hanno considerato le associazioni di volontari, che avrebbe permesso un piccolo piano Marshall di sostegno al reinserimento. Si sarebbero potuti inserire circa 2mila nuovi operatori nei tribunali di sorveglianza, negli uffici degli educatori e nei Centri di servizio sociale; si sarebbero potute incentivare aziende e cooperative all?assunzione di 10mila detenuti o ex detenuti, si sarebbe potuta costituire una rete abitativa di accoglienza per 5mila dimessi dal carcere. Invece i soldi sono stati usati per edifici in leasing e per perseguire politiche puramente repressive. Come se non si fosse ancora capito che la galera non significa nessuna crescita di sicurezza. Al contrario, spesso si traduce nella cronicizzazione della delinquenza. Oggi in carcere ci sono soprattutto due tipi di persone: giovani immigrati molto poveri e giovani tossicodipendenti. Dunque: o si affronta quella condizione sociale o viceversa con la galera si sanziona la loro trasformazione in delinquenti abituali. Le iniziative che in questi giorni si stanno mettendo in campo per rilanciare il provvedimento di clemenza che in Italia manca da 13 anni e che vede coinvolte tante associazioni, speriamo non si risolvano nell?essere ulteriore occasione per reiterare inutili polemiche. Amnistia e indulto, oltre ad essere una misura razionale e pragmatica senza la quale non è possibile mettere mano ai problemi strutturali che affliggono il sistema penale e penitenziario, devono diventare occasione per rimettere al centro la priorità delle politiche sociali e di prevenzione nella risposta al bisogno di sicurezza della nostra società.

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