La regione Campania ha finanziato i lavori di ristrutturazione. E Fondazione con il Sud – nell’ambito del progetto “La res”, rete economia sociale – ha provveduto al cofinanziamento delle attrezzature.
Siamo a Casal di Principe, provincia di Caserta e la Cioccolateria sociale Dulcis in Fundo, nata in un bene confiscato alla camorra che prima apparteneva ad un boss, in questi giorni prenatalizi, sta lavorando a pieno regime…
«Il nostro è un laboratorio dove ogni giorno si mescola il cioccolato ai messaggi positivi di speranza e rinascita», racconta Tina Borzacchiello, presidente della cooperativa sociale Davar che gestisce la cioccolateria – nata ufficialmente lo scorso ottobre – dove oggi lavorano sei ragazzi disabili. «Li coinvolgiamo con l’obiettivo di reinserirli nel mondo del lavoro, sono tutti molto bravi e la cucina terapeutica è la chiave che li aiuta a stimolare l’uso dei sensi».
L’esperienza di Davar Onlus è nata nel 2003. La cooperativa sociale ha preso vita grazie all’incontro di alcuni ragazzi dell’Azione Cattolica della Parrocchia di San Nicola di Casal di Principe, la chiesa di don Peppe Diana. Il prete assassinato il 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, nella sacrestia della chiesa mentre si a celebrare la santa messa. Un camorrista lo affronta con una pistola. I cinque proiettili vanno tutti a segno: due alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo. Don Peppe Diana muore all'istante.
«L’idea della cioccolateria sociale», racconta Tina, «è nata anche da un’esperienza personale. Mio figlio Ruggero ha 32 anni ed una persona con la sindrome di Down. Dopo il diploma ha lavorato per sei anni tra l’asl e il comune, è stato bravo, si è distinto, ma alla fine non è stato assunto lo stesso. Io invece credo che questi ragazzi debbano avere un’opportunità». Insieme a Ruggiero ci sono Mimmo, Diana, Patrizia, Ilenia e Pasquale.
Tutti con difficoltà divere: qualcuno è paraplegico, qualcuno ha ritardi nello psichiatrici, qualcuno ritardi nello sviluppo. «Ci sono anche trascorsi molto duri e dolorosi alle spalle», continua Tina. «Perciò è importante investire in questo progetto, riscattarli. Regalargli autonomia e indipendenza».
Prima di aprire il laboratorio i ragazzi hanno fatto un corso di formazione – di tre mesi – con un maestro cioccolataio. «Noi lavoriamo solo il cioccolato puro: al latte, bianco e fondente. Quello che produciamo è un prodotto di qualità». Manca però un passaggio: i ragazzi non sono assunti ma hanno un rimborso. Ci sono tantissime spese per mandare avanti il laboratorio e ancora il cioccolato non può essere venduto.
«Quello che ci serve è una collaborazione fissa con qualche punto vendita. Per adesso ci “arrangiamo” con i mercati comunali e con le persone che riconoscono il valore del nostro cioccolato e vengono sempre più spesso in laboratorio. Lo prendono e in cambio lasciano un’offerta a loro piacimento».
Quando i soldi non bastano i fondi per mandare avanti la cioccolateria vengono presi dagli altri progetti della cooperativa sociale Davar che si occupa di accompagnamento e cura domiciliare. «Ma così non va bene», dice Tina. «Siamo un laboratorio giovane, il cioccolato è buono, i nostri ragazzi sono bravi. Sarebbe un peccato non poter continuare».
Casal di Principe, dove il cioccolato sociale è buono il doppio
Testi di Anna Spena
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