Adil era un pastore. Portava le pecore al pascolo in un villaggio di Beni Amir, nelle vicinanze della Provincia di Fkih Ben Salah; 200 chilometri da Marrakech; nell’entroterra del Marocco. Il papà anche era un pastore, ma visto che i soldi non bastavano mai, quando Adil aveva un anno, ha deciso di partire per l’Italia. In questo Paese, all’inizio, lavorava come ambulante.
E in Marocco tornava di rado: quando le cose andavano male ogni tre anni; se invece riusciva a mettere da parte un po’ di soldi, una volta all’anno. Ma quel suo figlio era un bambino speciale. All’epoca infatti i figli dei pastori non andavano a scuola. Adil, invece, a sei anni è stato il primo della sua famiglia ad iscriversi alla scuola elementare: l’ha fatto di nascosto, Nessuno doveva saperlo.
Quando aveva tredici anni, ha preso coraggio ed è partito pure lui, da solo. Il viaggio è stato difficile ma alla fine è riuscito ad arrivare in Italia, a Milano. Dove ha ritrovato il padre. Qui continua la scuola e diventa elettricista. Oggi però che di anni ne ha 29 si è iscritto all’Università e lavora come educatore per i minori stranieri non accompagnati; è diventato un regista. La sua storia è diventata un film: “My name in Adil”.
«Era il luglio del 2011. Io stavo lavorando in un campo estivo friulano per i minori stranieri. Lì c’erano 120 ragazzi, tra tutti ho subito notato Adil», racconta il regista del film Andrea Pellizzer. Insieme a lui nella regia lo stesso Adil e Magda Rezene. «Anche Magda era in quel gruppo di ragazzi. Lei è una ragazza di 28 anni. È nata a Milano ma da genitori eritrei; ed è cresciuta con una mamma single», racconta Andrea.
«Mi sono accorto subito che loro due avevano “qualcosa in più”». Nel campo estivo che teneva Andrea Pellizzer si avvicinavano i ragazzi al mondo della comunicazione; della fotografia; del video making.
«In quei giorni mi colpì molto il racconto che Adil aveva fatto della sua vita: un ragazzo, ormai quasi un giovane uomo, che aveva vissuto metà dei suoi anni in Marocco e metà in Italia. Quale sarà la sua casa? Come si diventa uomo a cavallo tra due culture? Come si sente questo ragazzo, italiano o marocchino?», dice Andrea. Poi prosegue: «Così quando Adil e Magda sono partiti per un viaggio alla “riscoperta” del Marocco gli ho detto “guardate questo Paese con occhi diversi e filmate ogni cosa che vedete».
L’indicazione di Andrea non è stata disattesa. Nel frattempo ha fondato nel 2012 un’associazione, la “Imagine Factory” che utilizza i linguaggi e gli strumenti della multimedialità come leva d’integrazione. Promuovendo ed organizzando laboratori espressivi e progetti formativi rivolti ai giovani.
«Quando ho visto il materiale che avevano girato, ho lanciato loro una seconda sfida: “montatelo ed immaginatelo come il trailer di un film”». Quel trailer è piaciuto a tutti e un bando della Regione Lombardia del 2013 gli ha “obbligati”, come dice Andrea, a scrivere una sceneggiatura.
«Quel bando poi non l’abbiamo vinto», spiega, «ma la storia di Adil andava raccontata». Così hanno deciso di aprire un crowdfunding per finanziare il progetto: «Abbiamo raccolto seimila euro», spiega Andrea. «Fondi che abbiamo utilizzato per la trasferta in Marocco e per pagare gli “attori” locali».
Il film accompagna lo spettatore nel percorso del protagonista adolescente alla scoperta di un nuovo mondo: l’Italia non è il Paese delle città favolose e della ricchezza facile sognata nell’infanzia, ma offre ad Adil la possibilità di studiare, vivere nuove esperienze e costruire nuovi legami.
Il cerchio si chiude quando Adil, ormai adulto, dopo dieci anni di assenza dal Marocco, ritorna nel suo Paese, alla riscoperta delle proprie radici: il viaggio lo aiuta a intrecciare i fili della sua storia e della sua identità, perché “solo se conosci da dove vieni, puoi sapere chi sei”.
Nel film Adil bambino è interpretato dal suo fratellino più piccolo. Nell’ultima fase, invece, è Adil in persona che interpreta se stesso. «Noi siamo molto orgogliosi di questo film», spiega Andrea. Ad apprezzarlo sono veramente in tanti. Il film può vantare l'endorsement di Gabriele Salvatores: «Siamo andati da lui e abbiamo detto “ecco il film. Aiutaci a raccogliere fondi”».
Ed il regista, che si è lasciato intervistare, ha accettato che il video fosse diffuso sul web per la campagna di raccolta fondi. «Avere una “pacca sulla spalla” da un regista del calibro di Salvatores non è cosa da poco».
Le riprese del film sono state fatte tra febbraio 2014 a gennaio 2015. Da quel momento ha partecipato a diversi festival nazionali ed internazionali: il Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina, Milano (Italia); il Mediterranean Countries Film Festival, Alessandria (Egitto); l’Arabisches Film Festival, Tubingen (Germania); l’Arusha African Film Festival, Antigua (Stato di Antigua and Barbuda, Caraibi); il Beirut International Film Festival, Beirut (Libano); il Diamond in The Rough Cut; l’Indie Film Festival a Bristol, Pennsylvania (U.S.A.); la nona Edizione Film Festival del Garda, San Felice del Benaco (Italia); Edizione Immigration Film Festival – Washington D.C. (U.S.A.); Independent Film Festival, Miami (U.S.A.); il MICGENERO – Muestra International de Cine a Città del Messico (Messico) ; il Religion Today Film Festival, Trento (Italia); il Long Beach Indie Film Festival; il The Royal African Society’s Annual Film Festival, Londra (UK); Festival Internacional de Cine – Icaro, Città del Guatemala (Guatemala);I Filmmaker International Filmfestival Marbella, Marbella (Spagna); e parteciperà al 18°Tangier International Film festival (Marocco) da 3-11 Marzo 2017.
Inoltre ha vinto la sezione "Open Frontiers" – Ventotene Filmfestival; la sezione "Best Arabic Movie" – Alexandria Mediterranean Filmfestival ; la sezione "Migration and coexistence" – Religon Today Filmfestival di Trento e Vincitore come "Best Feature Film" – Miami Indipendent Festival – Monthly edition.
Da lunedì sei marzo, fino a sabato 11, “My name is Adil” arriva al cinema Palestrina di Milano. «Adil è stato un pioniere della migrazione», dice Andrea. «È fondamentale che il passaggio, ed anche la difficoltà del passaggio, tra diverse culture la racconti il migrante stesso. Attraverso film di questo tipo si possano sconfiggere il pregiudizi. Per questo vorremmo realizzare un format “My name is”, dove ogni immigrato racconta in prima persona la sua storia e ripercorre il viaggio fatto». Poi una speranza: «Vorrei che fossero presidi ed insegnanti a vedere questo film. Poi vorrei pensassero: “questa cosa la faccio vedere a scuola”».
"My name is Adil"
Testi di Anna Spena
Foto di Imagine Factory
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