Politica

Cinque Paesi alle urne. Balcani, una raffica di voti

Dopo la guerra si torna a votare: in un mese elezioni in Serbia, Bosnia, Montenegro e Kosovo. Un test importante per la democrazia. (di Michele Novaga)

di Redazione

SERBIA Quando: 29 settembre Per cosa: l?elezione del presidente tra 9 candidati, tra cui il presidente della Federazione, Kustunica La Serbia è chiamata a rieleggere il presidente. Vojislav Kustunica, attuale presidente della federazione jugoslava, è uno dei nove candidati (per la costituzione jugoslava non c?è incompatibilità tra la carica di presidente della Federazione e quella di presidente di uno dei due Stati, Serbia e Montenegro, che compongono la Jugoslavia). Secondo i sondaggi, si appresta a sostituire alla presidenza dell?entità serba Milan Milutinovic, il delfino di Milosevic atteso con ansia da Carla del Ponte e dal suo staff al Tribunale Internazionale dell?Aja. I suoi avversari sono volti noti della politica jugoslava: da Labus, braccio destro dell?attuale primo ministro serbo, Zoran Djindjic, nemico dichiarato di Kustunica, a Vuk Draskovic, volatile uomo politico che a volte sta con la maggioranza e a volte con l?opposizione. E non mancano il candidato del Partito dell?Unità, la formazione politica fondata dal defunto comandante delle Tigri, il terribile Arkan, e l?ultranazionalista Seselj. BOSNIA ERZEGOVINA Quando: 5 ottobre Per cosa: elezioni municipali, le prime senza la supervisione dell?Ocse La Bosnia Erzegovina è chiamata alle urne il 5 ottobre per le elezioni municipali. Per la prima volta dagli accordi di Dayton del 1995 (che videro la nascita di due entità federate: la repubblica Serpska e la Federazione croato-musulmana), l?Ocse, l?Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, non organizza direttamente le elezioni ma si limita a inviare osservatori internazionali. Un test importante, quindi, e non solo per i risultati politici che potranno uscire dalle urne. Come al solito vinceranno i partiti nazionalisti. La Bosnia Erzegovina, quindi, deve dimostrare di essere uno Stato maturo, con una credibilità internazionale e non più schiavo del ricordo di un?atroce guerra e delle divisioni etniche. Negli ultimi anni la Nato ha ridotto il suo contingente all?interno dello Stato balcanico mentre stanno timidamente riprendendo gli investimenti stranieri. Ma ancora molto deve essere fatto per risolvere sul serio la questione dei profughi interni: a Srebrenica (territorio della Repubblica Serpska) dei 27mila musulmani che abitavano la cittadina prima del conflitto, solo poche decine hanno avuto il coraggio di ritornare. MONTENEGRO Quando: 20 ottobre Per cosa: elezioni legislative anticipate La più piccola delle repubbliche jugoslave (600mila abitanti, quanto quelli di Bologna, e l?80% del Pil è rappresentato dal contrabbando) vota il 20 di ottobre per il rinnovo del parlamento (75 seggi). Si tratta di elezioni anticipate convocate a distanza di poco più di un anno dalle ultime legislative (21 aprile 2001). La situazione politica montenegrina è molto instabile. Anche questa volta l?elettorato appare diviso tra filoserbi e indipendentisti. Tra questi ultimi, il presidente Milo Djukanovic che si è visto votare la sfiducia proprio da un partito della coalizione al potere (l?Alleanza liberale) che, assieme al partito socialista, ha fatto cadere il governo. Si vota anche per il rinnovo del consiglio comunale della capitale Podgorica. Grazie, ancora una volta, alla mediazione di Solana ma soprattutto al presidente jugoslavo Kustunica, il Montenegro ha momentaneamente abbandonato l?idea del referendum sulla secessione dalla Jugoslavia. Una divisione che creerebbe di fatto un altro micro Stato nel puzzle balcanico. KOSOVO Quando: 26 ottobre Per cosa: elezioni per rinnovare 30 consigli municipali Sembra proprio una regola fissa: ogni autunno si svolgono nuove elezioni in Kosovo, un territorio di fatto appartenente alla Federazione jugoslava ma amministrato da più di tre anni dalle Nazioni Unite. Dopo le prime elezioni municipali del 2000 (definite dalla comunità internazionali storiche poiché le prime libere) e quelle legislative dell?anno scorso, il Kosovo torna il 26 ottobre alle urne per rieleggere 30 consigli municipali. In testa ai sondaggi ancora una volta la Lega Democratica del Kosovo, del presidente Ibrahim Rugova, seguita dal Partito democratico di Hashim Thaqi (ex guerrigliero Uck) di cui è esponente il primo ministro Bajram Rexhepi, e l?Alleanza per il futuro del Kosovo, di Ramush Haradinaj, altro ex guerrigliero Uck. Comunque vadano le elezioni di ottobre, la situazione resterà difficile in un territorio di due milioni di abitanti, senza una economia propria, invasa da più di 300mila automobili e con massicce minoranze etniche (serba e rom su tutte le altre) che vivono come gli indiani nelle grandi riserve dell?Ovest. MACEDONIA GOVERNO DIFFICILE CON 57 PARTITI Un bellissimo film del regista Mancevsky uscito nel 1991 intitolato Prima della pioggia, anticipava quello che sarebbe successo esattamente dieci anni dopo nel suo Paese, la Macedonia. Un Paese che ufficialmente non si chiama così ma Fyrom (Former Yugoslavian Republic of Macedonia) perché la Grecia reputa il nome Macedonia parte della propria cultura e della propria storia e la comunità internazionale, per non offendere la sensibilità di una Paese chiave per l?equilibrio dei Balcani come quello ellenico, ha inventato un nomignolo ad hoc. Quel film narrava la storia di un fotografo macedone emigrato a Londra che tornando nel suo Paese d?origine si accorge sulla propria pelle che la convivenza tra le due etnie dominanti (la macedone e l?albanese) si è fatta tutto a un tratto complicata. Un anno fa la guerra civile, preconizzata dal film esplose davvero (fortunatamente con poche centinaia di morti e ?solo? 80mila rifugiati). E lo scorso 15 settembre la Macedonia è tornata a votare. Ci sono voluti gli accordi di Ohrid dell?agosto 2001, la spedizione d?un contingente internazionale di uomini Nato (800 effettivi di cui 200 italiani), le continue mediazioni di Javier Solana, il ?ministero degli esteri? dell?Unione europea, in visita una settimana sì e l?altra pure a Skopje per placare gli animi e scongiurare un?altra guerra. Gli albanesi, la grande incognita Una tornata elettorale organizzata in collaborazione con l?Osce che ha inviato sul terreno ben 800 osservatori internazionali: 120 erano i deputati da eleggere, 57 i partiti politici, 2 milioni gli aventi diritto al voto di cui 300mila albanesi. E non sono mancate le sorprese. Il partito al governo, i nazionalisti del Vmro-Dpmne guidato dal primo ministro Ljubco Georgevskj, non è andato oltre il 24% dei consensi mentre gli storici avversari dell?Unione socialdemocratica hanno superato la soglia del 40. Primo ministro designato è Branko Cernenkovskj che ha ricoperto lo stesso incarico dal 1992, quando aveva solo 29 anni, al 1998. Ago della bilancia, il partito albanese dell?Unione democratica per l?Integrazione, di Ali Ahmeti, ex guerrigliero dell?Uck, che ha ottenuto il 12%. Molti i problemi che il nuovo governo dovrà affrontare. Innanzitutto la piena applicazione degli accordi di Ohrid che prevedono, tra l?altro, l?ufficialità della lingua albanese anche in Parlamento. Poi la lotta alla disoccupazione, salita al 33,4% e la spinosa questione dell?aumento dei salari: due terzi dei dipendenti statali ricevono stipendi mensili equivalenti a neanche 82 euro. Ma soprattutto la convivenza tra macedoni e albanesi. Questi ultimi appaiono divisi: della coalizione di governo, oltre al partito di Ahmeti, dovrebbe far parte anche il Partito democratico per la prosperità mentre il Partito democratico albanese di Arben Xhaferri, un tempo leader carismatico, siederà all?opposizione. Senza contare il pericolo rappresentato dalla formazione paramilitare dell?Armata nazionale albanese, responsabile degli attentati di settembre e che si batte per l?unione di tutti gli albanesi. a cura di Michele Novaga


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA