Sono le 23.30 di un mercoledì sera e l'ampio posteggio del Carrefour 24/7 di Corso Monte Cucco a Torino inghiotte voracemente la mia auto a pochi passi dall'ingresso principale. Le altre vetture posteggiate sono al massimo una ventina, ma sembrano abbandonate a sé stesse, mentre dentro al supermercato si consuma la notte. Proprio mentre sto per varcare le porte scorrevoli, esce una coppia di mezza età con un carrello pieno, così spiego loro che sto per passare una nottata nei centri aperti h24 per provare a capire più da vicino chi ci lavora, chi va comprare e come sono organizzati. Non un'indagine sociale tout court, ma un approfondimento verticale sulla gente della notte, cui da sempre è riservata una trasversalità particolare, un'anima e una patina dettate da criteri molto diversi, regole distanti dagli archetipi più consolidati e tradizionali cui siamo abituati nella cosiddetta normalità. Non sembrano colpiti. Dopo circa due anni di sperimentazione sembra che il meccanismo delle aperture notturne sia rodato e assodato nel più naturale modo di pensare, seppur rappresenti un mistero ancora sotto alcuni aspetti.
Apripista del progetto è stato il market di Piazzale Principessa Clotilde a Milano, mentre gli altri ipermercati – aperti o chiusi a seguire seguendo dinamiche interne all'azienda – sono mutati e mutano tuttora senza una regola precisa, basandosi principalmente sul principio della stagionalità e su specifiche indagini di mercato. Le località turistiche di mare, ad esempio, che hanno un incremento di affluenza principalmente nei periodi estivi, possono avere come diretta conseguenza un incremento orario in questo senso, passando nei mesi di turismo più caldi e affollati (luglio e agosto) al 24/7, per poi ritornare alle aperture "regolari" nel resto dell'anno.
A Cremona, in prossimità di un'acciaieria, ad esempio, è stato aperto un 24/7 per dare possibilità ai lavoratori spalmati su turni notturni di fare la spesa, e la strategia funziona bene anche in prossimità di ospedali oppure aziende aperte di notte. «La formula h24 – spiega Carrefour Italia – è stata pensata per poter dare ai cittadini un servizio unico che possa essere punto di riferimento per tutte quelle persone che per ragioni lavorative o familiari non hanno la possibilità di fare la spesa negli orari canonici. Cerchiamo così di andare loro incontro e semplificare l’organizzazione della loro giornata».
00:00 – 01:00
Il giro a Monte Cucco, nel quartiere Pozzo Strada di Torino, quasi al confine con Grugliasco, inizia senza meta tra i corridoi, per provare a captare le caratteristiche che meglio e più a fondo rappresentano il ciclo di lavoro. Osservo che c'è una sola cassiera a far vedetta su quattro casse automatiche. Ampio personale è concentrato nella vigilanza e in scaffalisti di gruppi esterni a Carrefour. A vista d'occhio non c'è fascia di età specifica, ma una forbice piuttosto ampia di lavoratori tra i 20 e 50 anni. Anche in tema nazionalità c'è eterogeneità.
L'illuminazione al neon impatta artificialmente sul lavoro della cornea, costretta agli straordinari dopo aver affrontato il buio del parcheggio. Dominano bianco, blu e rosso. Il silenzio è quasi irreale. Solo qualche minuto dopo l'inghiottimento si percepisce l'assenza della consueta diffusione sonora. L'unico effetto acustico – talora ipnotico – proviene dal ronzio costante dei frigoriferi. Le corsie sono scorrevoli al limite del gioco su quattro ruote del carrello, con piccole rincorse a mo' di monopattino. Alcune in fase di riempimento dei prodotti, in attesa che il lavorio notturno proceda proprio con solerzia, per renderle immacolate al pubblico del mattino.
Domando a uno degli scaffalisti com'è lavorare di notte e – senza smettere di caricare uno dei ripiani più bassi – mi suggerisce di domandarlo ai suoi superiori per avere risposte più precise. Il reparto tecnologia è un deserto, quello del vestiario insolitamente frequentato. Da mezzanotte all'una conto una trentina di persone che fanno spesa di ogni genere: scatolette per animali, frutta, verdura e molti snack acquistati – soprattutto, ma non solo – da adolescenti affamati dopo aver fatto serata. Niente alcolici, come da regolamento garantiti solo in specifiche fasce orarie, niente banco gastronomia, niente pesce, ma molti tranci di pizza appena sfornata. Faccio un ultimo giro tra i bancali, tra diversi tipi di t-shirt, pantaloncini, ciabatte da mare. Tra i primi clienti che avvicino, una famiglia con un neonato in braccio. Il supermercato e la sua aria condizionata sono l'ultimo rimedio (forse) per far trovare sonno al bimbo in una nottata calda e afosa. Con la scusa fanno la spesa. Parlando con altre coppie mi viene confermato il trend: la spesa a quest'ora è quasi sempre un pretesto.
01:00 – 02:00
Cambio zona e giorno della settimana, per avere un'esperienza il più possibile immersiva. Dal residenziale a un quartiere più periferico – via Stradella a Torino – in un sabato notte come tanti. Nel parcheggio c'è parecchio movimento, che mi colpisce, ma quando arrivo all'ingresso il supermercato sembra chiuso. Per ragioni di sicurezza, credo, non ci sono le consuete porte scorrevoli entrata-uscita, ma un solo ingresso con implementata funzione di uscita. Sarà per via del sonno e dell'ora, ma non lo intuisco immediatamente, finché la security, che nota la mia difficoltà, mi invita a entrare. E' di buon umore, scherza, mi dice che «non è una discoteca, anche se potrebbe sembrare», facendo riferimento al gruppo di ragazzi che nel posteggio ha una macchina accesa da cui arriva musica alta. All'interno il market è quasi completamente vuoto, ma i rumori provenienti da fuori danno una sensazione di vitalità. Intravedo alla cassa una coppia di circa trent'anni, intenta a pagare proprio durante il mio ingresso. Anche in questa occasione, come nelle precedenti, le due grandi distinzioni sono tra chi fa una spesa di comodo, sfruttando un incastro di momenti per tamponare minime mancanze (latte, pane, caffè per il mattino seguente) e chi fa una spesa imposta dalla famelica necessità del momento, acquistando junk food: patatine, bibite, caramelle, cioccolato, gelati. Questa volta nessuna cassa automatica, solo una cassiera. Ne esco con un dissetante e croccante gambo di ananas e un pacco di patatine. Contraddizioni.
02:00 – 03:00
Nella stessa nottata provo a fare un giro fuori città. Parto con la convinzione di incontrare pochi clienti, invece sembra esserci molta più vitalità rispetto agli altri 24/7 visitati. Il parcheggio del Carrefour del piccolo comune di Alpignano fa da base e punto di ritrovo per numerose comitive di ragazzi. Chi sta andando e chi ritorna, ma la vigilanza dice che nel fine settimana, di notte, «c'è un bel movimento» di adolescenti che si fermano lì a chiacchierare, mangiano qualcosa e passano un po' di tempo a bivaccare prima o dopo una serata. In settimana il movimento diminuisce, ma fino a mezzanotte sono molte le persone che vanno a fare la spesa.
03:00 – 04:00
Ripetizione. Reiterazione. Automazione. Disorientamento. Il tempo sembra quasi rallentare. I movimenti di tutti sono più lenti e compassati, rilassati, calmi. Non c'è frenesia, si leggono le etichette con i valori nutrizionali, si chiacchiera e si discute pacatamente del più e del meno, sempre facendo la spesa. Altra zona, altro supermercato. Sempre a Torino, ma vicino a una delle zone della movida: San Salvario. L'Ipermercato è quello di Corso Turati. Le principali serate disseminate per la città sono concluse, la nottata è pressoché giunta al termine. Fermo una coppia sui quarant'anni e chiedo loro se sono clienti abituali del 24/7: «Mia moglie ha finito di lavorare poco fa – dice lui -, così ci siamo tolti il pensiero e domani siamo tranquilli». Ci sono altre coppie, ma la densità e il flusso di clientela sono strettamente correlate al quartiere, non solo all'orario.
04:00 – 05:00
Ultima tappa della nottata: via Tripoli. Confronto agli altri punti 24/7 visitati, questo è più piccolo, in un quartiere residenziale. La porta di ingresso è chiusa. Suono e mi apre un uomo del servizio di vigilanza. Dentro ci sono solo lui e una cassiera. Per la prima volta sono l'unico cliente e mi fa sentire in soggezione. Acquisto una bottiglia di latte per la colazione dell'indomani. Non faccio alcuna domanda. Il silenzio è quasi irreale e preferisco lasciar proseguire la nottata in quello che Jonathan Crary – nel volume 24/7 Il capitalismo all'assalto del sonno – definisce: «Intervallo di tempo non misurabile».
Il bilancio che se ne può trarre non è completamente omogeneo, il format ancora sperimentale, ma la riflessione, semmai, può essere allargata a un ragionamento sociale e ad un mercato del lavoro sempre più frammentato e composto da un nuovo modello di lavoratori, protagonisti di una moderna forma di globalizzazione, i cui confini si fanno quotidianamente più liquidi e meno definiti. Per la gente della notte è giorno pieno e viceversa. È la loro normalità, nell'accezione più rassicurante possibile del termine. Una condizione dalla quale – oggi più che mai – non possiamo (né vogliamo) più sfuggire.
Viaggio tra la gente dei supermercati notturni
Testi e foto a cura di a cura di Eugenio Giannetta
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