Roma

“Dindarolo”, la pasionaria che converte i rifiuti in denaro

di Erica Battaglia

Non è una novella Re Mida ma l’ideatrice del progetto “Non sono rifiuti”, il pilota volto alla realizzazione della prima rete urbana per la compravendita di materie prime recuperabili

A Roma la chiamano “dindarolo” che significa salvadanaio e tutti i giorni opera e lavora presso il Box 95 del Mercato rionale Trionfale di via Andrea Doria. Donna energica, sempre sorridente e fin troppo disponibile, Silvia Cavaniglia è la dimostrazione vivente di come i cittadini e le famiglie romane possano guadagnare denaro vero e proprio dalla differenziazione delle materie prime recuperabili prima che diventino rifiuti.

Attiva da 12 anni come Presidente della S.F.N.A., società che opera nel settore del riciclo, Silvia Cavaniglia dal 2014 lavora ogni giorno con spirito di abnegazione alla realizzazione di un ingegnoso e innovativo progetto pilota volto alla realizzazione della prima rete urbana per la compravendita di materie prime recuperabili (Mpr), ovvero Pet, plastiche, carta, alluminio, ferro, rame, piombo, ottone, vestiti e tessuti, olio fritto e piccoli elettrodomestici. Il progetto prevede la creazione di punti di conferimento, posti in ambienti ad alta frequentazione – come ad esempio nel caso specifico i mercati rionali -, presso i quali i cittadini e le famiglie possono conferire le materie riutilizzabili in loro possesso a fronte di un corrispettivo in denaro deciso in base ad un borsino pubblicato giornalmente sul sito nonsonorifiuti.it.

Ad oggi, sono 3740 i cittadini romani che hanno aderito al progetto e che usano la postazione del Box 95 del Mercato Trionfale di via Andrea Doria a Roma quale luogo di conferimento delle materie riutilizzabili. Per iscriversi, basta visitare il sito nonsonorifiuti.it e chiedere informazioni sui pochi documenti che servono. Molto facile.

Il progetto nel concreto spinge il cittadino a differenziare le materie prime recuperabili e a cogliere in questo un’opportunità di guadagno familiare, ma permette anche a tanti attenti osservatori di valutare positivamente le nuove opportunità lavorative che offre e la possibilità che dà all’azienda stessa di reinvestire i guadagni ottenuti in specifici progetti sociali a beneficio del territorio e delle sue comunità. Vediamo come: il cittadino si registra al sito (o presso il Box) e porta le materie prime recuperabili al Box, le materie prime vengono pesate e pagate su un apposito conto che al raggiungimento di 5 euro emette una fattura che può essere riscossa in contanti, i 5 euro possono essere riscossi all’istante o anche lasciati in deposito sul conto per un accumulo. Il cittadino ci guadagna. In soldi, salute e tutela ambientale.

Bene. Ma perché un’azienda dovrebbe fare tutto questo? Perché ci guadagna anche essa, semplice. Le materie prime recuperabili infatti, se mal smaltite nei cassonetti, diventano rifiuti e finiscono nei termovalorizzatori. Se conservate a casa, lavate, pulite, confezionate per monomateria, portate al Box e pagate a peso, possono essere rivendute dal Box stesso e quindi da “Non sono rifiuti” ad un prezzo maggiorato. Insomma, un guadagno anche per l’azienda.

«Noi poi come azienda», ha spiegato Silvia Cavaniglia,«abbiamo deciso di reinvestire questo denaro in tre direzione: verso l’operatore che fa tutto questo e incamera un reddito a sostegno della sua famiglia, verso l’azienda che ha comunque dei costi di gestione e verso la comunità. Un terzo del nostro ricavato torna ai cittadini che possono decidere di accreditarlo sul loro conto o sulle numerose onlus e associazioni sociali che parimenti sono iscritte al sistema di raccolta. Insomma, il nostro progetto nel suo piccolo incrementa il reddito dei cittadini e delle famiglie coinvolte, è un incentivo domestico a differenziare e a vedere nelle materie prime qualcosa di utile prima che diventino rifiuti, è lavoro per chi rivende i prodotti lavati, puliti e confezionati per monomateria, è buon esempio di tutela ambientale, è buona prassi civica, è modello aziendale, è strumento di donazione per il Terzo settore».

«Tra poco saremo pronti», ci spiega Silvia Cavaniglia, «ad aprire 4 nuovi punti di conferimento a Roma. Sempre all’interno di mercati rionali, quali quelli del Trullo, Piazza Irnerio e Marconi, o anche nei pressi come a via Montepulciano a San Giovanni. Le quattro nuove postazioni coinvolgono 4 famiglie responsabili che stano concludendo il corso di formazione sulle materie prime recuperabili e godono di attrezzature per il compattamento finanziate da un microcredito sponsorizzato. Siamo stati capaci infatti di dimostrare che il progetto di via Trionfale si sostiene e dunque abbiamo dato credenziali al credito altrui, che infatti è stato erogato. In un momento storico in cui alcuni mestieri sembrano sparire, noi ne abbiamo inventato uno nuovo: quello del recuperatore di materie prime. Ma più di tutto abbiamo dato prova che amiamo Roma».

Tra i tanti cittadini che partecipano anche intere classi di scuole elementare, medie e superiori che, coinvolgendo anche insegnanti e genitori, hanno guadagnato da questa buona prassi denari utili all’acquisto di tutto il materiale scolastico e extrascolastico per tutto l’anno: un fondo cassa, insomma, senza aggravio per le famiglie, ma anzi talmente al di sopra delle aspettative che sono usciti fuori anche i regali per gli insegnanti alla fine dell’anno.


“Dindarolo”, la romana che converte i rifiuti in denaro

Testi e foto a cura di Erica Battaglia


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