«Il labirinto si vede da fuori, diceva Italo Calvino». Il riferimento della direttrice di Psicoradio, Cristina Lasagni, richiama una sfida esistenziale comune per uscire dal groviglio della mente, una mappa fatta di partecipazione e accettazione. «Fare radio è un percorso – prosegue – non una magia. Non c'è nessuna bacchetta magica a disposizione e tanti purtroppo continuano a soffrire. Ma partiamo dal presupposto che questo cammino faccia bene. Fa bene a chi la fa, ma anche, tanto, a chi la ascolta.»
È così che Psicoradio fa bene da ormai più di 700 puntate e 14 anni proprio in questi giorni. Una testata radiofonica capace di dare voce ai temi della salute mentale (ma non solo), grazie ad una redazione formata da utenti dei servizi del Dipartimento di Salute Mentale di Bologna. Una realtà ormai storica, nata dall'impegno di Arte e Salute onlus. E a ricordarne i natali è proprio il Presidente dell'associazione, Angelo Giovanni Rossi, ottant'anni di grinta e tenacia, una Laurea in Economia e Commercio alla Bocconi di Milano e – come economista, docente e dirigente – da sempre una vita spesa nell'area dei Servizi Sanitari, già nei primi anni Ottanta a Milano con la chiusura delle strutture manicomiali seguita alla Legge Basaglia. «Quando a Bologna nel 2000 fondammo l'Associazione Arte e Salute Onlus, unendo le competenze di medici, operatori sociosanitari e professionisti teatrali, decidemmo che invece di far fare agli utenti dei servizi di salute mentale i soliti lavoretti pseudo-riabilitativi, come dipingere i portaceneri o curare il verde, si potesse invece trovare il modo che questi pazienti psichiatrici esprimessero altre predisposizioni, come quelle verso la recitazione e la parola. Cominciammo a formare e professionalizzare queste persone, grazie ad attori e registi come Nanni Garella oppure Tinin Mantegazza per i burattini. Riuscimmo così a debuttare in teatro con “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare, i cui ruoli in scena erano tutti ricoperti e interpretati da pazienti psichiatrici dell'ex Asl di Bologna Nord. E da allora la nostra storia è stata leggendaria in questo senso, sino a portare, appena qualche settimana fa, alla creazione di una Rete Nazionale dei Teatri di Salute Mentale. Nel frattempo, così come siamo stati la prima compagnia teatrale stabile in Emilia Romagna composta da pazienti psichiatrici dei Dipartimenti di Salute Mentale (che vengono stipendiati dai teatri grazie agli incassi dei biglietti), ci siamo unitamente imbarcati anche nell'esperienza della radio (che invece entrate economiche vere e proprie non ne ha mai avute, anche perché abbiamo sempre rifiutato con forza le offerte delle case farmaceutiche per inserzioni pubblicitarie). Mancava una comunicazione strutturata in materia, ne sentivamo davvero il bisogno e ce la siamo creata. Abbiamo così messo insieme una redazione radiofonica dove giornalisti professionisti e tecnici hanno addestrato il personale, anche dal punto di vista di registrazioni ed emissioni. Inizialmente siamo subito entrati in rete qui a Bologna con Radio Città del Capo, che ha ospitato la nostra messa in onda; quindi siamo entrati nel circuito nazionale di Radio Popolare Network. E ad oggi abbiamo superato le 700 trasmissioni.»
“Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole” cantava un grande poeta della musica come Fabrizio De André nel testo di “Un matto (Dietro ogni scemo c'è un villaggio)” ricordato dai redattori in una delle prime puntate di Psicoradio. Rossi ringrazia così per lo “straordinario” lavoro organizzativo il direttore di Arte e Salute Onlus, Giuseppe Mariani, e cita con apprensione i recenti fatti che hanno coinvolto l'amata Radio Città del Capo (laddove il direttore della redazione Riccardo Tagliati è stato dimissionato dalla proprietà senza il consenso del Comitato di Redazione), prima di concludere il proprio pensiero: «Per quanto riguarda la salute mentale, è da capire che c'è anche altro, oltre al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. E non intendo solo una strutturata articolazione di servizi territoriali di assistenza in ambito socio-sanitario, ma anche risposte concrete in ambito culturale. Ogni persona, al di fuori dello stigma, deve poter riuscire ad esprimersi, esprimere se stesso, anche su questioni complesse, come la cultura in senso lato.»
Per questo Psicoradio non parla solo di psichiatria e “problemi della mente”, di integrazione e pregiudizi, ma per esempio di poesia. In che modo, lo spiega Cristina Lasagni, direttrice sin dagli esordi di questa avventura, nonché docente universitaria presso la Facoltà di Comunicazione dell'Università di Lugano. «In tutti questi anni ci siamo occupati di tutto, dall'arte allo sport, passando per uno “psico-dizionario” che facesse un po' chiarezza su tanti termini usati a sproposito, combattendo i luoghi comuni e il pregiudizio della pericolosità, ma anche dell'inutilità, di coloro che soffrono di disagio mentale. Solitamente ogni trasmissione, di una quindicina di minuti circa, è creata da due redattori e due addetti alla regia. È molto importante tanto il lavoro concettuale del decidere come impostare il discorso, e poi di quali parti tenere o tagliare nella registrazione, così come la parte tecnica in cui si interviene nel ritmo e nella scelta delle musiche, nel montaggio e nella messa in onda, mediante software d'uso comune come Soundforge e Acid. Questi due diversi ambiti consentono, sia alle persone più estroverse che a quelle che amano meno esporsi, di poter scegliere il proprio “posto” seguendo le proprie inclinazioni. Qui si vive una strana alchimia: è un ambiente di lavoro ma anche affettivo, dove ciascuno ha modo di valorizzare le proprie idee e la propria libertà creativa, ma dove comunque ogni settimana si deve consegnare un prodotto, un prodotto riconosciuto di qualità, insignito del “Premio Città di Sasso Marconi” come miglior programma radiofonico, al pari di importanti trasmissioni come Caterpillar e Fahrenheit.»
“Psicopillole” durante l'emergenza sanitaria Covid19
Il proprio ruolo di “psicoservizio pubblico” certo Psicoradio non l'ha dismesso durante un'emergenza, non solo sanitaria, come quella del Coronavirus.
«Mi sono accorta che stando da sola, senza vedere nessuno, sto tornando indietro. Stanno tornando i brutti pensieri, i fantasmi del passato, corro il rischio di pensare e fare cose che speravo di avere superato.» Questa ragazza soffre di disagio psichico. E in quei giorni di chiusura in casa, emotivamente difficili per tutti, c'è chi, come lei, ha visto ingigantirsi alcune ombre che si pensavano oramai alle spalle. Ma laddove, tutto sembrava farsi nero durante il tempo del #restareacasa, è stato possibile per tanti come lei “uscire” dalla propria sofferenza incontrando l'altro, proprio grazie al lavoro di ascolto e proposta di questa radio.
«Abbiamo prodotto delle 'Psicopillole' – spiega la coordinatrice di redazione Cristina Lasagni – Sono programmi brevi, di circa cinque minuti, facili da inserire anche in palinsesti già formati, da proporre non solo alle radio che, come Radio Popolare Network, già ci mandano in onda in molte città, ma anche ad altre emittenti, blog e siti, proprio in un’ottica di 'psicoservizio pubblico'. Anche il Dipartimento di Salute Mentale di Bologna ci ha chiesto di collaborare ad una campagna di supporto psicologico con numeri telefonici di ascolto dedicati. Visto che ovviamente non è possibile frequentare la redazione, abbiamo creato una redazione virtuale e tre volte alla settimana ci siamo incontrati in videoriunione. Così siamo riusciti a organizzarci tra noi, 'stare insieme' e progettare i programmi, ricostruire un po’ di 'comunità' e anche parlare un po' tra noi di come affrontiamo queste giornate. Non è stato affatto semplice, anche solo perché non tutti i redattori erano già attrezzati con loro computer o cellulari, oppure perché non sapevano usare i programmi per connettersi. Ma anche, più semplicemente, perché qualche redattore era troppo scoraggiato, triste, impaurito per aver voglia di provare… Però ce l’abbiamo fatta! Ci sono già state diverse riunioni, abbiamo iniziato a lavorare a distanza, registrando ciascuno un pezzo di programma con il proprio cellulare, poi scambiandoci i video e montandoli sui programmi che avevamo scaricato. E in più così ai redattori rimane la possibilità tecnica di incontrarsi quando vogliono con le chat o con i programmi di videoconferenza che abbiamo allestito.»
Ecco così che, si è scoperto cosa vedessero i redattori di Psicoradio dalle proprie finestretra centro e periferia di Bologna: “una versione inedita di strade e giardini, vuoti ma vivi”. C'è stata la poesia terapeutica: “perché non ci interessa una vita indolore”. S'è affrontato il tema dei disturbi alimentari e invitato a coltivare l'empatia, suggerendo anche, attraverso un piccolo vademecum dell'OMS (“Stigma sociale associato a COVID-19” http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_4149_0_file.pdf), per esprimersi correttamente senza colpevolizzare o terrorizzare nessuno, perché “le parole sono importanti, come quelle che scegliamo possono creare nemici o costruire ponti”.
«Ciò che abbiamo notato – prosegue la responsabile di redazione – è che si parla spesso delle conseguenze economiche del Coronavirus, molto meno (quasi mai!) di quelle psicologiche. Che invece sono importanti, non solo per chi già conviveva con una sofferenza psichica, ma per tutta una popolazione che ha dovuto fare i conti con una limitazione delle libertà, la perdita di persone care, lo stravolgimento delle proprie abitudini e con la paura. Ecco, questa la situazione, faticosa ma viva. E ci stiamo rendendo conto di quanto sia davvero importante aver qualcosa da pensare e fare, sentirsi utili, e anche avere strumenti per incontrarsi almeno virtualmente. Perché, per chi sta lottando contro una sofferenza psichica, la vita oggi è molto dura.»
La normale vita di redazione
Prima dell'epidemia, tutto avveniva invece nelle stanze in cui Psicoradio ha sede con i suoi computer, microfoni e mixer, ospitate dal Dipartimento di Salute Mentale all'interno di quello che una volta era l'ex manicomio bolognese Roncati di Bologna. Ed era da qui che ogni puntata veniva chiusa e spedita al circuito di Radio Popolare il mercoledì sera, insieme alla newsletter. A lavorarci, all'incirca una decina di redattore e una manciata di personale di staff. Un'esperienza bolognese che – come riferisce la coordinatrice di redazione, Cristina Lasagni – ha gettato i suoi semi un po' ovunque in Italia e ha formato l'avvio di altri progetti radiofonici simili in altri Dipartimenti di altre città. Con lei che chiama tutti “redattori”, spariscono gli utenti dei servizi.
«Ogni volta che dobbiamo inserire un nuovo redattore, mandiamo un avviso ai Dipartimenti di Salute Mentale per procedere ad una selezione. In quel momento vengo a conoscenza del disturbo di cui soffrono, ma poi non voglio più saperlo. Queste persone arrivano qui con un'atroce disistima di se stesse, che le isola in una profonda solitudine. Lavorare come gli altri, con gli altri, le porta invece a ricostruire pian piano un'idea diversa di sé: nonostante la malattia, e anche per la malattia. È un'opportunità per guardarsi dentro. È fondamentale poter avere un lavoro per cui vieni retribuito e poter riconoscere che ce la fai. Ricordo una donna che entrò qui dicendo di aver solo bisogno dei soldi della borsa lavoro, ma di esser completamente inadatta. “È inutile che mi facciate usare il computer, non ne sarò mai capace!”, e invece ora, grazie alle sue grandi capacità intellettive e alla sua vivacità, tiene addirittura un blog su internet. Oppure una ragazza, uscita dall'orfanotrofio e con un enorme buco affettivo, che è arrivata qui arrabbiatissima con il mondo. Dopo otto anni, in cui si sono susseguiti anche molti ricoveri, ora vive con il suo ragazzo, ha un lavoro a tempo indeterminato e non deve più prendere farmaci. O ancora, la storia di un uomo che era uno stimato dirigente comunale. Ha avuto un crollo psicologico a seguito del quale ha perso famiglia e lavoro ed è stato ricoverato nella stessa struttura psichiatrica che lui stesso aveva inaugurato tempo addietro. Bene, a poco a poco, ha ricominciato a sperare in una nuova vita e ora ha una nuova compagna, ha ripreso i contatti con suo figlio, nel frattempo laureato, e ha trovato un impiego comunale in un'altra città. Mi piace molto una frase che disse una volta uno dei nostri redattori: “Psicoradio è il giardino delle piante spezzate”. La vedo così: a queste piante poniamo cura e attenzione, affinché tornino a germogliare e fiorire da sole.»
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