Quella di Camilla Serafini, 28enne sarda di Carbonia, è una storia fatta di rinascite. Una di quelle vite in cui i colpi di scena, positivi e negativi, si susseguono senza interruzione. Tutto comincia quando ha 9 anni.
Il trapianto
«Mi è stata diagnosticata una patologia autoimmune al fegato. L'organo era compromesso. Da quel momento la mia vita è cambiata. Non potevo avere una vita normale, come quella degli altri bambini. Mi sono portata questo fardello, fatto sopratutto di medicine, fino ai 15 anni».
Un'infanzia che si interrompe bruscamente e la fa crescere in fretta: «Sono stata ricoverata d'urgenza. Ho avuto la netta sensazione che il mio corpo mi abbandonasse. Le cure servivano solo per rallentare il decorso della malattia, ma non potevano fermarla. Avevo maturato la convinzione che il mio tempo si stava esaurendo e che non ce l'avrei fatta». Ma il primo colpo di scena della sua storia è dietro l'angolo. «I medici mi hanno prospettato la possibilità di un trapianto. E nel giro di poco tempo in effetti ho ricevuto un nuovo fegato. Per me è stata una vera rinascita. Per la prima volta tornavo ad avere una vita normale, mi sentivo bene ed ero felice. Ponevo fine all'esistenza complicata che avevo vissuto fino a quel momento e voltavo pagina».
Il primo tumore
Camilla riprende a vivere con tutto l'entusiasmo della gioventù e per nove anni le cose sembrano finalmente risolte. Un tempo abbastanza lungo per farle archiviare la malattia come un brutto ricordo. Ma è proprio qui che il suo percorso incontra un nuovo tornante. «A 24 anni improvvisamente sono stata male. Sono stata ricoverata e mi è stato diagnosticato un tumore del sistema immunitario. Erano stati intaccati gran parte degli organi solidi. Una situazione disperata. Per la seconda volta ho pensato che era arrivata la mia ora», ricorda Camilla. Il tumore era dovuto ai farmaci anti rigetto del trapianto e i medici non erano per nulla positivi ma incredibilmente le cure funzionano. «Nel mondo le persone che hanno sviluppato questo tipo di reazione alla terapia post trapianto sono quattro», sottolinea Camilla. Camilla guarisce per la seconda volta ma il tumore la cambia. Non come ci si aspetterebbe però. Nessun piangersi addosso, chiudersi o perdere speranza. «Non sono più la stessa persona di prima», racconta, «in quel momento è nata in me l'esigenza di fare qualcosa per gli altri. Già da diversi anni facevo parte dell'associazione Prometeo che si occupa della promozione della donazione degli organi. Ma con la malattia ho sentito il bisogno di fare qualcosa di più. Anche se non sapevo cosa».
Il secondo tumore
Non ha il tempo però di organizzarsi e chiarirsi le idee rispetto a questo desiderio. Il tornante successivo infatti arriva in brevissimo tempo. «Mi è tornato lo stesso tumore», racconta Camilla, «oggi mi sto curando nuovamente. Ma la situazione si è complicata: se prima esisteva una minima letteratura scientifica che permetteva di avere un protocollo di cura oggi invece siamo in una terra inesplorata». Di quei rarissimi casi di trapiantati che hanno sviluppato la stessa reazione infatti o sono guariti o non ce l'hanno fatta. Camilla è l'unica che ha vissuta una recidiva. «Questo significa che non posso curarmi nella sanità pubblica ma ho dovuto riferirmi alla sanità privata e i costi sono a carico mio. Parliamo di circa 15mila euro ogni seduta, tre alla settimane per il momento. Cifre per me totalmente fuori portata, anche a fronte del fatto che non sono assicurabile». Come trovare il denaro per curarsi? «Amici, conoscenti e parenti che conoscevano la mia situazione hanno cominciato a consigliarmi di provare a fare una raccolta fondi. Possibilità che io inizialmente ho scartato: non volevo mettere in piazza i fatti miei. La malattia è molto stancante, espormi significava stress, fatica e, pensavo, anche critiche», ricorda Camilla. Quando le cose però hanno cominciato a precipitare, con una trombosi, una setticemia e un versamento pleurico, la ragazza rompe gli indugi.
Oltre GoFundMe
Qui entra in scena il compagno di Camilla, Daniele Cossu, 37 anni, imprenditore del settore ricettivo. «Ho conosciuto Camilla quando stava bene», ricorda, «ci siamo innamorati e da allora stiamo insieme. Ho naturalmente vissuto tutta questa via crucis, che non nascondo è stata ed è molto faticosa».
Daniele si butta su Google e comincia a cercare quali fossero le possibilità online per raccogliere i soldi necessari alle cure. «Ho scelto GoFundMe semplicemente perché era la più famosa». Una raccolta che prende il volo molto velocemente. Da gennaio 2021, momento del lancio sulla piattaforma della raccolta “Aiutiamo Camilla a guarire dal cancro”, in pochi mesi i ragazzi raccolgono 280mila euro su un goal di 300mila euro. «Naturalmente da scontare a questa cifra ci sono i costi di GoFundMe che, se non ricordo male, sono intorno al 3percento del totale», sottolinea Daniele. I due però non sono soddisfatti: «Sono una ragazza puntigliosa e quando faccio qualcosa voglio che sia fatta per bene. Vedendo anche altri casi di cronaca mi sono resa conto che dovevo in qualche modo giustificare come spendevo questi soldi», spiega Camilla. «Io e lei eravamo totalmente digiuni di temi come fundriasing, crowdfunding e terzo settore», aggiunge Daniele, «Sapendo che da questo punto di vista la piattaforma GoFundMe non ha proposte, mi sono ributtato su Google per capire e informarmi».
Il progetto Fondazione
Il risultato di questo compulsare la rete dà risposta alla originale esigenza di Camilla di fare qualcosa anche per gli altri e nel contempo rendere trasparente il personal fundraising di cui era protagonista.
«Mi sono imbattuto nel profilo di Elena Zanella, anche grazie al blog che cura su Vita.it (La Zanzarella ndr)». Daniele le scrive e con sua grande sorpresa viene immediatamente ricontattato, «non credevo ci avrebbe ascoltato e dato attenzione. Ne è nato subito un progetto a lungo termine». Per prima cosa la priorità va data alle condizioni di salute di Camilla così i ragazzi, insieme a Zanella, decidono di costruire un comitato che si occuperà di rendicontare minuziosamente tutto il percorso sanitario della ragazza. «Una volta che le cure saranno concluse costituiremo, insieme al comitato, un ente. Sarà una fondazione, anche se ancora non abbiamo deciso il nome». Ora Camilla ha le idee chiare su cosa vuole fare: «questa ultima tappa del mio viaggio mi ha chiarito cosa voglio fare: voglio aiutare le persone che sono in situazioni di difficoltà come me. In questi mesi io e Daniele abbiamo sviluppato un certo know how che vorremmo trasferire per aiutare chi abbia bisogno di denaro per curarsi. Questo sarà lo scopo e il core business della fondazione».
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