Chi lo vede sfrecciare per le strade di Palermo lo considera uno dei tanti cittadini stranieri che, approdati in terra di Sicilia, hanno trovato il modo di sbarcare il lunario, magari nell’attesa di tornare nella loro patria. Dietro quelle due ruote, che ha da poco ricevuto in dono dal progetto MISSIONE R.O.E. for Ucraina, c’è, però, una storia che non sarebbe stata narrata, senza quello spirito di solidarietà e di condivisione che porta uno sconosciuto a fermarsi e cercare di capire perché una persona è china su sé stessa in mezzo a una strada e, quando gli si chiede cosa succeda, risponde che ha fame. Ma il cibo non era l’unica cosa di cui Charles aveva bisogno.
«Era luglio del 2020 e ci trovavamo in pieno lockdown – racconta Patrizia Potestio Piccione, madre, donna di fede, che non si è mai fatta fermare da niente e nessuno, soprattutto quando si tratta di umanità disperse verso cui tendere una mano – quando casualmente vedo quest’uomo appoggiato a un muretto palesemente sofferente. Appena gli chiesi cosa avesse, mi rispose che aveva fame ma, dopo qualche altra domanda, decidendo di fidarsi, mi fece vedere una piaga sul dorso del piede in cancrena. Da lì ecco cominciare il peregrinare nei meandri della sanità, tra pronto soccorso, farmacie, medicazioni fatte in maniera rocambolesca».
È stata un’avventura curare Charles, sia perché non parlava che poche parole di italiano, sia in quanto viveva per strada, nei pressi di uno degli ospedali cittadini, sotto un cespuglio con un cartone per letto. Con molta pazienza, Patrizia scopre anche la sua storia e cioè che Charles è nato in Ghana l'1 gennaio del 1981 e arriva in Italia circa 10 anni fa, passando dalla Nigeria e dalla Libia prima di imbarcarsi per Lampedusa. A Palermo trova accoglienza presso la “Missione Speranza e Carità”, dove rimane circa 4 anni. Poi torna per strada, come accade a tanti cittadini nella sua stessa condizione.
«Quando l’ho incontrato – prosegue Patrizia – aveva fatto tutte le più drammatiche esperienze che un uomo può sopportare. La fame, l'alcol, il dolore, l'isolamento in cui si era rinchiuso, erano ormai il suo pane quotidiano. Una consuetudine che era entrata a fare parte del suo essere e che lo stava consumando lentamente ma neanche tanto come un tarlo nella testa, facendogli pensare che l’unica soluzione fosse farla finita. Non era possibile stare a guardare. Pesava nappena 35 chili, dovevo prendermi cura di lui, così per alcuni mesi gli portai cibo caldo per farlo mangiare e prendere l'antibiotico nel tentativo di salvare la gamba perché i medici disperavano che ce la potesse fare. Beveva vino per non sentire il dolore e dovevo stare ore e ore a parlargli per farlo smettere, perché all'inizio non voleva andare in una struttura adeguata. Per due mesi gli ho lavato i pigiami e la biancheria che mi davano in ospedale, non aveva parenti e mi prfenbdevo cura di lui in tutot e per tutto».
Ricoverato al reparto di chirrurgia plastica, Charles fa un trapianto di pelle e gli si salva la gamba. Una volta trovato alloggio al Centro “San Carlo”, si prevede un piano di inserimento lavorativo che oggi lo vede felice a lavorare la terra del parco del castello di Maredolce.
«Non potevo trovare di meglio – commenta lo stesso giovane ghanese -. Sto facendo quel che mi piace. Grazie a Patrizia, Luciano e a coloro che mi hanno aiutato ho ricominciato a vivere, ma non è stato facile».
Mancava però qualcosa che gli consentisse di raggiungere velocemente il posto di lavoro.
«Mi raccontarono di un giovane che ogni giorno si alzava alle cinque del mattino per raggiungere il lavoro a piedi perché, a quell’ora, non ci sono ancora mezzi pubblici – racconta Emilio Pomo, coordinatore della “Missione umanitaria Roe for Ucraina” -. Alla Fiera del Mediterraneo smistiamo i beni agli ucraini, materiale di ogni genere, dalle coperte ai giocattoli, sino al cibo, che ci arriva da ogni parte della Sicilia. Quel che rimane lo diamo a chi ha bisogno. Quando Luciano D’Angelo mi ha raccontato di Charles mi sono guardato in giro e ho visto tante biciclette. Una doveva essere per lui».
Una storia di solidarietà, quello che riguarda Charles e Patrizia, un incontro casuale che ha cambiato la vita di entrambi.
«Ho voluto da subito bene a euesto ragazzo – conclude la Potestio Piccione – e non ho ho guardato né rischi né pericoli come solo le madri sanno fare, disposte ad anteporre i figli a loro stesse. È la storia di come un uomo destinato a scomparire, senza documenti, senza casa, senza salute, senza dignità di uomo senza che nessuno lo reclamasse perché solo, è diventato il Charles che oggi sorride alla vita. Se avessi avuo timore o fossi stato diffidentre nei confcornti di un o sgtranieo quel giorno non mi dsarei fermata e la cvita sarebbe scorsa come quella di tante altre persone che temono ciò che è diverso da loro, soprattutto se arriva da paesi lontani. L’incontro tra i nostri occhi è stato lo spartiacque tra ieri e oggi. È la dimostrazione che ognuno può fare la differenza, se solo si fa guidare dalla voce del cuore. Ama il prossimo tuo come te stesso è il comandamento che guida la mia vita. Charles lo racconta sempre: “Senza mamà, io muoro sicuro”. Da quel giorno le nostre strade si sono incorciate e lui è entrato a far parte della mia famiglia, infatti a Natale sarà a pranzo con noi».
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