E’ ormai ufficiale da qualche settimana. Per quel poco che durerà prima della fine del mondo, il 2012 sarà per l’Onu l’anno della cooperazione. Sono andato a scartabellare tra i documenti e ho trovato l’introductory statement (in parole pevere la proposta) portata all’attenzione di un qualche comitato per l’approvazione e successivo invio all’assemblea (dove è passata senza voto).
Ci sono alcune cose interessanti. Prima di tutto i proponenti: la Mongolia fa da capofila a una cordata dove non c’è nessun paese del primo mondo (si può ancora dire?) mentre si segnala la presenza di stati come Myamnar e Sudan che ripropone, al di là delle considerazioni di real politik, l’imbarazzante rapporto tra cooperazione e regimi illiberali. Regimi che peraltro non si fanno molti problemi a sostenere un documento intitolato “le cooperative nello sviluppo sociale”. In questo senso manca solo il Venezuela di Chavez – attivissimo nel promuovere cooperazione – a completare il quadretto. Nel documento ci sono poi alcuni riferimenti a struttura e settori del cooperare con un approccio tutto volto a recuperare i fondamentali del modello: mutualismo ben stretto intorno agli interessi della compagine sociale – anche se vi è un’accenno al contributo delle imprese cooperative nei processi di community building – e promozione nei settori dell’agricoltura e della finanza, due ambiti strettamente legati alla nascita del movimento. Infine un tocco di retorica: si dichiara che l’anno non dovrà essere una mera celebrazione ma piuttosto un “lavoro produttivo” di coinvolgimento delle cooperative e dei loro stakeholder. Salvo poi aggiungere nella riga successiva che il tutto si dovrà fare senza lo stanziamento di risorse economiche. Le nozze coi fichi secchi insomma. Attività che peraltro molte cooperative sanno fare benissimo.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.