Il Financial Times non molla. I master in business administration devono dare più spazio alla socialità dell’impresa nelle sue varie declinazioni. E proprio oggi Il Sole propone la classifica dei migliori MBA al mondo. Al primo posto lo IESE di Barcellona, area Opus Dei. Sono curioso di vedere se il numero 1 accetta la sfida di cambiare impostazione della didattica, per formare manager sulla base di algoritmi diversi di quelli che hanno causato lo sfascio recente. Nel piano di studi qualche riferimento a valori e responsabilità sociale del management, poi però c’è anche l’evento – Doing Good and Doing Well – dedicato al business responsabile, giunto addirittura alla settima edizione. Il tema del 2010 è, letteralmente, tutto un programma. From niche to mass market: taking responsible business to the next level. Con un titolo del genere ci sono tutte le premesse per una grande operazione di “socialwashing”, perché, visto l’andazzo, a dover passare di livello è il business tradizionale e non la sua nicchia sociale o ambientale. Tra gli speaker il Ceo di Pepsi Europe e, manco a dirlo, Yunus. Ma, considerata l’area culturale, c’è una clamorosa dimenticanza. Avrei visto molto bene come keynote speaker un teologo tedesco da tempo residente in Vaticano e che di recente ha pubblicato un documento dove propone una vera e propria rifondazione del sistema economico, basata su un processo di institution building capace di recuperare, in chiave contemporanea, esperienze di organizzazione sociale ed economica oggi ai margini. Perché senza un minimo di infrastrutturazione istituzionale mi sembra davvero difficile cambiare paradigma.
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