Se c’è una cosa che non è mai mancata alle imprese sociali è la capacità autorappresentativa. Di enfatizzare cioè in un modello tipico ideale i tratti peculiari del suo modello. Operazione lodevole che denota consapevolezza e capacità di visione. Ma anche operazione pericolosa perché tende ad avvitarsi nel mito del bastare a se stessa e magari di elucubrare, a un tanto al chilo, pure sul destino delle altre istituzioni pubbliche e private. Scansando i rischi sono due gli architravi del modello. L’impresa catalitica che sa accelerare i processi di sviluppo economico e sociale grazie alla capacità di attrarre e combinare risorse diverse in vista di finalità riconosciute come di interesse generale. La seconda è l’impresa rete, intesa non come piattaforma di rappresentanza o struttura di supporto, ma come distretto capace di integrare funzionalmente diverse unità imprenditoriali autonome e specializzate per la produzione di beni relazionali complessi. Tra questa modellizzazione e la realtà c’è un “di mezzo” di proporzioni considerevoli e che forse si sta addirittura allargando, come il passaggio a nord-est. Piuttosto che divertirsi a disseminare di ostacoli questo spazio, meglio chiedersi cosa serve per orientare la rotta in quella direzione (riconoscendo, prima di togliere le ancore, che un tipo ideale, per definizione, non si trova in natura). In primo luogo direi un pò di conoscenza “attivabile”, direttamente spendibile nei processi di produzione, magari perché, più che in laboratorio, proprio da essi viene ricavata (ad esempio attraverso l’esercizio di una sana riflessività valutativa sul proprio saper fare). In secondo luogo una reputazione pervasiva che riguarda cioè tutti (o quasi tutti) quelli che con l’impresa interagiscono e non solo gli uomini eccezionali (che magari sono tali anche per la capacità di bruciarsi in un colpo solo il deposito di capitale sociale; differenziare il rischio vale anche per il portafoglio fiduciario). In terzo luogo un pò di creatività nella governance. Tra una stretta di mano e una partecipazione societaria ci stanno un sacco di altre soluzioni per regolare i sistemi di relazione tra persone e organizzazione. Basterà?
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