Welfare

Alla ricerca di imprese sociali nascoste

di Flaviano Zandonai

L’attenzione, o la moda come sostiene qualcuno, per l’impresa sociale coinvolge un pubblico sempre più ampio e soprattutto sempre più variegato. Ognuno propone il suo punto di vista e, visto che c’è, pure la sua definizione. Guardare ai dati è un bel modo per evitare che il tutto si risolva in un puorparler che non porta da nessuna parte aumentando la sensazione di inconsistenza modaiola del fenomeno. Ad iniziare dalle informazioni più semplici (ma anche più utili per le policy), ovvero quante sono le imprese sociali, quante persone ci lavorano, chi sono i beneficiari, ecc. Non è semplice stabilirlo, neanche in un paese leader (sì, è così) come l’Italia. L’Istat è fermo e la palla è passata alle Camere di commercio. Nel frattempo mancano informazioni aggiornate anche sui modelli standard nonostante siano recentemente ricomparse statistiche ministeriali che fissano in oltre 12mila le cooperative sociali. Erano poco più di 7mila a fine 2005, quindi in fase di crescita ancora molto accentuata (al lordo di errori nei database). Ma la sfida più interessante è seguire il dibattito oltre il perimento delle definizioni normative. Anche perché se ci si ferma a quei dati il rischio è di ritrovarsi in “quattro gatti” come sosteneva un importante dirigente del movimento cooperativo riferendosi alle “nuove” imprese sociali costituite ai sensi del d lgs 155/06 (in realtà sono oltre 500, non poche considerando la lentezza nell’applicazione della legge e l’assenza di campagne informative). A superare le colonne d’ercole dei registri ufficiali ci hanno provato alcuni ricercatori inglesi che sono andati a scovare di imprese sociali nascoste, magari anche agli occhi dei loro stessi fondatori, ma che presentano caratteristiche di missione, strutturali e di performance del tutto simili rispetto a quelle “ufficiali”. Il risultato? Si passa da 65mila a 232mila imprese che, in UK, perseguono finalità di interesse generale e cambiamento sociale, attraverso la produzione di beni e servizi che scambiano in regime di mercato (non solo donazioni) e ponendo limiti (variabili) alla distribuzione della ricchezza generata presso proprietari e finanziatori dell’azienda. Che dire? Miaoooo


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