Welfare

Cheers, community!

di Flaviano Zandonai

Il bar centrale del paese sta per chiudere. Il gestore, Bruno, va ormai per gli ottanta. Fa sempre la sua figura, impeccabile e professionale dietro il balcone, ma è questione di tempo. Alle prime avvisaglie è pure sorto un comitato di solidarietà ma finora non si è andati oltre un manifesto sulla bacheca delle associazioni che si chiudeva con un commosso “Grazie Bruno”. In Italia molte storie si chiudono con un finale di questo tipo. Magari accompagnato dal canto greco di chi ricorda i bei tempi andati e il mito della comunità naturale. Gli inglesi invece – mannaggia ancora loro! – sulla comunità ci investono non per modo dire o in senso lato. Ci mettono proprio soldi. 3,3 milioni di sterline (il cambio lo lascio a voi) affinché le comunità locali si comprino il loro pub evitandone la chiusura. Non saranno molti soldi ma il messaggio è chiaro. E vale non solo per lo stato e le sue articolazioni locali, ma anche per le organizzazioni sociali. Da qualche parte in Trentino sento di cooperative di consumo che aprono o ritrutturano bar e altri punti di ritrovo nei paesi più isolati. Lo fanno un pò per diverisificare e reggere la concorrenza spietata degli iperstore (e spesso si tratta di fuoco amico), ma lo fanno anche perché il bisogno di coesione nelle comunità rurali e non solo nei tessuti urbani ormai lo legge chiuque. Poca roba però. Siamo ancora alle buone prassi. Eppure non ci vorrebbe molto, neanche di questi tempi. Basterebbe un bando misto pubblico privato, con i fondi mutualistici delle centrali cooperative e qualche fondazione bancaria.  Alla salute!


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