L’onda della social innovation si alimenta soprattutto di storie individuali grazie anche ad una pubblicistica che le sa raccontare con grande efficacia. Forse perché piacciono le storie con un nome e un cognome, una faccia, una biografia interessante. Ed è invece più complicato fare storytelling quando c’è di mezzo un innovatore collettivo, cha parla al plurale, magari usando codici culturali diversi. Però una parte importante dell’innovazione sociale è anche frutto di processi collettivi, non solo degli insight (e delle risorse) di imprenditori illuminati. Una collega mi ha girato un paper che parla di “collective entrepreneurship”, riferendosi a tutti quei processi imprenditoriali caratterizzati da elevati tassi di fiducia e reputazione tra gli attori coinvolti. Ho fatto un giro a pelo d’acqua nella rete e ho trovato alcune cose interessanti, anche se non ‘è ancora una voce su Wikipedia e prodotti di divulgazione scientifica non se ne vedono. Proverò ad approfondire. Ma scommetto che sarà la next big thingh (come dicono gli anglosassoni) nel gran calderone della social innovation. E se sarà così, ce ne saranno delle belle da raccontare.
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