Welfare

Questa strana idea di libertà

di Flaviano Zandonai

Ho letto un interessante fondo di Maurizio Ferrera sul Corriere di qualche giorno fa. Riguarda la nuova dottrina dei tories inglesi che, salvo sorprese, torneranno dopo lungo tempo al governo del Regno Unito. In sintesi si tratta di un conservatorismo tutto declinato su base comunitaria, ma non in un’ottica di chiusura ma piuttosto per cogliere le opportunità della globalizzazione avendo ben chiari gli elementi di vantaggio per il territorio. Niente di nuovo sotto il sole: valorizzare gli asset territoriali (risorse naturali, capitale sociale, ecc.) investendo, per quanto possibile, sulla crescita di PMI e nonprofit come gestori di tale risorse. Cose che sono da tempo all’ordine del giorno anche dalle nostre parti, ma si sa gli inglesi sono più bravi a sintetizzare e a fare “labelling” dell’innovazione sociale. Tutto chiaro quindi se non fosse per un inciso che lascia un pò perplessi. L’autore sostiene che il progetto “ha forti venature anti-liberali”. Che vuol dire? Che non si è liberali se si fa in modo che imprese cooperative e sociali gestiscano welfare, risorse naturali, attività economiche in generale? Non vorrei che permanesse un’impostazione secondo cui solo l’impresa tradizionale è quella che consente un reale esercizio di libertà. E che tutto il resto – dall’associazionismo alle cooperative – per quanto prezioso sia da relegare in una sorta di limbo che pendola tra Stato e mercato (con uno spostamento più verso il primo). Forse ho capito male, ma credo che responsabilizzare queste soggettività (che peraltro sosteneva anche il new labour) rappresenti invece una sorta di liberalismo 2.0., volto cioè a moltiplicare le forme istituzionali attraverso cui le persone realizzano le loro iniziative. Certo se si parla ancora di “corpi intermedi” forse significa che il tempo non è ancora venuto. Nomen omen.

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