Certificazioni di qualità, bilanci sociali, accreditamenti. Da qualche anno a questa parte è stato un susseguirsi di adempimenti più o meno formali e obbligatori che hanno investito le imprese sociali. Qualcuno intravede il rischio di una colonizzazione organizzativa, visto che questi strumenti sono stati elaborati in altri contesti, da altri soggetti e con l’intento di standardizzare (del resto l’Iso delle certificazioni sta per International Standards for Organizations, nomen omen). Qualcun altro invece vede un’opportunità per indurre una crescita dei modelli organizzativi e gestionali, a patto che questi stessi strumenti vengano adeguatamente filtrati attraverso principi e valori che definiscono la specificità di queste imprese. Comunque la si veda c’è un nuovo adempimento all’orizzonte (anzi più avanti perché è prevista l’adozione entro fine anno) che sfiderà ulteriormente le imprese sociali: lo stress da lavoro correlato. E’ previsto dalla più recente normativa in materia in materia di sicurezza sul lavoro (d.lgs. 81/08) e richiede ai datori di rilevare presso i propri lavoratori le possibili fonti di stress, mettendo poi in atto le necessarie attività correttive. Niente paura però, girano già i software con i questionari di misurazione in rete. Naturalmente strumenti standard, pensati per i settori di attività più forti (le costruzioni ad esempio). L’ennesima occasione persa per le imprese sociali? Va considerato infatti che da almeno un decennio si fanno indagini sulla soddisfazione dei propri lavoratori dalle quali si potevano facilmente ricavare indicatori specifici. Poteva essere la volta buona per trasferire un pò di know how di ricerca nei contesti organizzativi. E, perché no, farci un pò di business. Ma nessuno sembra averci pensato. Per cui temo ci sarà una corsa (faticosissima) per adeguare i test pensati per il manovratore di un carro ponte alle esigenze di un operatore sociale di un centro alzheimer. Buon lavoro.
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