Chissà se c’hanno già pensato. Se oltre ai rapanelli, all’abbigliamento, alle vacanze c’è la possibilità di fare gruppi d’acquisto solidale per servizi sociali, educativi, ecc. Del resto il welfare se la passa male mica solo per i tagli. Non c’è aggregazione della domanda, anzi aumenta la frammentazione. Basta guardare al “fai da te” del badantato, non a caso spesso fuorilegge, dove gli unici interventi si sono concentrati sul versante dell’emersione e qualificazione dell’offerta (formazione delle badanti) e del matching tra domanda e offerta (ma il mercato informale è ancora un concorrente di tutto rispetto). Per non parlare della diffusione dei voucher per l’acquisto di servizi sociali, formativi, di prossimità, ecc. che tutto incentivano fuorché la mutalizzazione dei bisogni. E pensare che c’è chi sponsorizza questi strumenti pure in quello schieramento che riconosce nel welfare un’ambito privilegiato per la produzione di beni relazionali. Davvero il colmo. La vera golden age del welfare è coincisa non certo con l’intervento a tutto campo dello Stato, ma piuttosto con la costruzione delle forme di aggregazione dei bisogni capaci di fare advocacy sui diritti e produzione di servizi. Meglio recuperare forme vecchie e nuove di mutualismo. Anche perché la coperta dello stato è sempre più corta.
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