C’è una startup a ogni angolo. Qualsiasi progetto o idea diventa impresa, soprattutto se c’è di mezzo il web. Tanto che fra gli smanettoni non serve più qualificare: è una startup e basta. C’è poi un ulteriore profilo di rilevanza, ovvero che queste iniziative rappresentano la fenomenologia più attuale ed esposta dell’innovazione sociale. La sua più diretta applicazione in termini imprenditoriali. Basta scorrere le svariate short list tematiche – altra esternalità tipica dell’innovazione sociale – per farsi un’idea. Le startup fanno giornalismo dal basso, marketing virale, geolocalizzano i distributori di latte crudo, referenziano la qualità di hotel, ristoranti e servizi sanitari, monitorano le buche del comune di Roma, ti aiutano a gestire il business dandoti i giusti benchmark (la mia preferita). Basta un blog, o ancora meglio, una “banalissima” applicazione. L’ingrediente base è sempre lo stesso: uno strumento accessibile – perché facile da usare e low cost – che organizza un network sociale grazie al quale avviene la produzione e lo scambio, spesso non economico e non di mercato, di beni e servizi. Ora, come dice il mio innovatore sociale di riferimento, c’è il rischio che qualsiasi idea si trasformi in una startup, mettendo in secondo piano tante buone prassi che hanno fatto l’impresa per davvero. Ad esempio serve fare enterprise creation per un sito che rilancia e commenta le notizie di un anno fa? Forse sì, ma anche no, come dice un altro mio carissimo opinion maker. Detto questo proprio intorno alle startup si potrebbe aprire un interessante terreno di confronto con le esperienze un pò più tradizionali dell’economia sociale, con la cooperazione in particolare che oggi è un pò in fibrillazione per l’inarrestabile attesa della social innovation. Invece di preoccuparsi delle (residue) rendite di posizioni nelle lobby europee (e, rigorosamente a caduta, nazionali e locali) si potrebbe studiare una qualche partnership interessante. Ad esempio come ha fatto co-oerative uk che ha aperto una linea di supporto alla creazione di imprese cooperative tra le professioni creative. Ricordo anche un progetto simile di Legacoop di qualche anno fa. Bisognerebbe insistere su questo fronte, anche per mettere in luce un aspetto di cui non si parla molto tra gli innovatori sociali e i loro sponsor: queste startup creano occupazione? e se sì di che tipo? Un tema classico, ma che di questi tempi meriterebbe ulteriori approfondimenti.
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