Secondo La Repubblica è la terza industria italiana per dimensioni economiche (80 miliardi di giro d’affari) e occupazionali (120mila addetti). E’ superato solo da colossi come Eni e Fiat. E’ l’industria del gioco d’azzardo: slot machine, lotterie, scommesse sportive e l’emergente gioco on line che soppianta le sale bingo (un indicatore sui generis dell’individualismo imperante?). Il reportage si concentra soprattutto sull’opacità del settore, o almeno di una parte di esso. Legami societari non sempre chiari che fanno nascere più di un sospetto di inquinamento da parte di organizzazioni malavitose. E accenna anche alle patologie legate all’abuso di gioco d’azzardo che essendo sempre più facilmente fruibile (dalla macchinetta in tabaccheria all’applicazione nello smartphone, passando per canali tv tematici sul poker) genera una crescente dipendenza, soprattutto tra le “fasce deboli” della popolazione. Rimane però un tema, molto rilevante, da approfondire, ovvero la destinazione delle risorse raccolte. Lo Stato, da questo punto di vista, è partner del business, un pò come succede con altri “affari sporchi” tipo alcool e sigarette. Incassa una rilevante quota economica dalle varie concessioni, tanto da rappresentare una voce rilevante nei documenti di programmazione del Ministero dell’Economia. Non sarebbe male prevedere che una parte di questi incassi (un “permille”?) venisse destinata a iniziative di organizzazioni comunitarie e non profit, magari proprio come cofinanziamento dello scassatissimo cinque per mille che fin dalla nascita se l’è vista brutta. Questa sì che sarebbe una stabilizzazione! Oppure si potrebbe fare come in Inghilterra (sì, sempre loro) dove è stato creato, ormai da tempo, un Big Lottery Fund che finanzia iniziative sociali in tutto il Paese attraverso programmi mirati e molto ben rendicontati. Peraltro questa stessa quota sociale potrebbe essere in parte “sottratta alla fonte” dallo Stato, mentre una parte ulteriore potrebbe essere garantita dagli stessi concessionari. Per questi ultimi sarebbe un passo deciso per rendere il settore un pò più trasparente, ben più di una qualche iniziativa “spot” di responsabilità sociale.
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