Welfare

Il sì che dice no

di Flaviano Zandonai

Il match c’era stato il giorno prima. Gestione privata vs gestione pubblica dell’acqua. E il risultato del confronto non ammetteva discussioni: oltre il 70% dei partecipanti al seminario con voto organizzato nell’ambito del Festival dell’Economia si erano espressi per la soluzione pubblica. Oggi invece c’era l’occasione per un dibattito un pò più libero dalle opzioni referendarie, tanto che il titolo dell’incontro lasciava intravedere una “terza via” per la gestione dell’acqua. Poteva essere la volta buona per dimostrare davanti a una platea numerosa e interessata che “pubblico” e “privato” possono avere declinazioni diverse da quelle statale e mercantile, entrambe accomunate, peraltro, da opacità che le rendono fallimentari rispetto a finalità di autentico “interesse collettivo”. Invece, ancora una volta, gli schematismi ideologici hanno avuto la meglio e le forme cooperative e comunitarie di gestione dell’acqua (e, “a cascata”, di altri beni comuni) sono state ricacciate nell’angolo, riportando sul ring i soliti noti: stato contro mercato. E questo, lo dico con amarezza, proprio da parte di chi sostiene la campagna referendaria per il “sì” all’acqua pubblica, contando sull’impegno della società civile e delle sue organizzazioni. Sembra quasi ci sia un blocco – culturale prima che politico e normativo – che impedisce a importanti leader del movimento referendario di pensare alle istituzioni del privato sociale non solo come veicolo di recriminazione, ma come soluzione su base imprenditoriale per una gestione pubblica, nei fatti, di beni di interesse collettivo. Si tratta infatti di organizzazioni – come le cooperative di utenza – dove la dimensione economica e la partecipazione democratica vengono entrambe valorizzate, non l’una a discapito dell’altra. I cittadini in veste di soci non sono solo utenti ma anche produttori, assumendosi una chiara responsabilità rispetto all’equilibrio economico della gestione, ad esempio investendo per migliorare il servizio in termini sia qualitativi che di accessibilità. E’ dunque ancora lungo il percorso per chi intende seguire (o forse meglio tracciare) questa “terza via”, rispetto alla quale temo che i referendum della prossima settimana non saranno in grado di contribuire più di tanto. Fortunate quelle comunità – sparse in tutto il mondo – che hanno saputo porsi al riparo dalla rapacità della soluzione mercantile e dal burocratismo statalista e quindi potranno continuare a gestire importanti risorse, come l’acqua, dalle quali dipende la qualità della vita attuale e delle generazioni future. Facendo coincidere, come bene affermava un relatore durante l’incontro di oggi, la base della loro appartenenza cooperativa con quella della loro cittadinanza.


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