Non c’è niente da fare. Il meccanismo di apprendimento attraverso le affinità rilevate in esperienze diverse, “altre” è davvero potente. Ne ho avuto ulteriore conferma questa mattina assistendo alla relazione del presidente di Federcasse. Sarebbe stata un’utile sessione formativa per imprenditori sociali, anche se si trattava di un convegno internazionale su finanza cooperativa e sviluppo sostenibile. Non è certo una novità il feeling tra banche di credito cooperativo e imprese sociali. Ed è anche facile individuare la radice comune: radicamento territoriale attraverso l’esercizio della governance democratica, che rende queste esperienze così simili a livello di visione e di approccio al servizio, pur facendo mestieri diversi (ma con qualche significativa eccezione anche su questo fronte, ad esempio microcredito come strumento di politiche sociali). E’ interessante quindi riprendere i punti dell’agenda strategica delle bcc, sia per apprendere che per verificare la possibilità di collaborazioni, peraltro in più di un caso già sperimentate. Prima linea guida: ripensare il rapporto con il proprio territorio, considerando i cambiamenti nell’infrastruttura sociale ed economica. In altre parole: attrarre nuove generazioni non solo come clienti ma, attraverso la partecipazione alla governance, come cittadini che esercitano un inedito, ma tutt’altro che residuale, diritto di cittadinanza. Secondo punto: innovazione tecnologica che consenta non solo di allargare il business ma di potenziare anche il carattere relazionale che caratterizza il prodotto creditizio delle banche cooperative. Terza linea guida: fare rete non solo tra simili ma con altri network produttivi e “culturali”, legati, questi ultimi, alla produzione di conoscenza, così da essere più efficaci nell’accompagnare la clientela migliore: le PMI più dinamiche che esportano su mercati in ripresa e in espansione. L’obiettivo? Esercitare una leadership responsabile e sussidiaria del territorio, in grado di far fronte alla smobilitazione dell’ente pubblico non solo in termini di risorse e di servizi ma anche e soprattutto di significati legati all’appartenenza ad un determinato contesto socio economico. Il tutto facendo i conti con sistemi di regolazione basati su norme – tipo Balisea 3 – che di queste banche non sanno riconoscere i tratti distintivi, obbligandole a scelte gestionali – ad esempio per quanto riguarda la scala dimensionale – che le espongono a rischi di colonizzazione rispetto a modelli ben diversi. C’è di che condividere.
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