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Tartassati e indifesi
Per una distrazione del Fisco per alcune Onlus nel'98 l'Iva aumentò.Per un altra distrazione la correzione al decreto arriverà solo nel'99.Per le associazioni il danno è enorme.
di Redazione
Mai fidarsi del fisco. Quando nel luglio dello scorso anno avevamo festeggiato la felice soluzione di una battaglia condotta insieme alle associazioni per avere un?aliquota Iva più giusta, non immaginavamo certo poterci sbagliare. Non solo infatti la battaglia non era ancora vinta, ma doveva addirittura cominciare. Ecco la vera storia di una vicenda tutta italiana, i cui protagonisti sono le associazioni da una parte e il sistema fiscale dall?altra, rispettivamente nella parte dei burattini e di Mangiafuoco.
Nel febbraio 1998 il Fisco commette un errore. Per colpa di una parolina in più, un ?direttamente? finito chissà come nel decreto sull?Iva, le associazioni di volontariato che erogano ?prestazioni socioassistenziali? in convenzioni con gli enti pubblici – che cioè ad esempio gestiscono case alloggio, comunità per minori, anziani o disabili per conto dei comuni – si ritrovano l?aliquota Iva al 20% invece che a zero. In pratica, se la Asl doveva pagare loro 100, quel 100 è in realtà 80, il 20 se ne va in imposte. Avete voluto diventare Onlus, diventare cioè visibili per il Fisco? Eccovi servite. Un trattamento penalizzante che invece risparmiava un altro tipo di Onlus, le cooperative sociali, che per un effetto bacchetta-magica al contrario rimanevano con l?Iva al 4%. Apriti cielo. Giustamente arrabbiate (inevitabile eufemismo) le associazioni cominciano a protestare, inviano fax a ?Vita?, cominciano gli articoli di protesta, la ministra Turco legge, sollecita il collega Visco e un bel giorno di luglio ecco l?annuncio: è pronto un decreto correttivo, il ?direttamente? è cassato, tutto torna come prima. Peccato che quel decreto presenti due gravi difetti: il primo, quello di giacere dimenticato in un cassetto del Senato per più di sei mesi, il secondo, di non essere retroattivo. In pratica, ammesso che venga approvato domani (e dovrebbe essere effettivamente licenziato questa settimana, almeno così ci assicura il relatore alla Commissione Finanze della Camera, onorevole Gianfranco Conte), per il ?98 non cambia niente: l?Iva al 20% rimane per tutte le fatture emesse dal febbraio ?98 al febbraio ?99. Dodici mesi esatti di Iva in più obbligatori, quindi da pagare, per colpa di un errore.
E le associazioni, che dicono? Da un rapido sondaggio telefonico, realizzato all?interno delle organizzazioni che più di altre avevano sostenuto la nostra battaglia contro ?aliquota selvaggia? emerge un quadro singolare. In mezzo alla giungla fiscale, si sa, ognuno si difende come può. Anche nel non profit. E allora c?è chi ha fatto come una associazione lombarda che ha pensato bene di ritirarsi in una sorta di freezer fiscale per un anno intero. Niente più fatture, niente più pagamenti da parte della Asl: il responsabile amministrativo, che chiede l?anonimato benché l?operazione sia del tutto legale («ma non si sa mai»), spiega che ha preferito chiedere un prestito in banca, farsi dare i quattrini necessari per coprire i danni derivanti dal mancato pagamento e aspettare la correzione per emettere poi fatture in regime di esenzione. «Una volta passata la bufera e corretto l?errore, emetteremo le fatture» ci dice il nostro interlocutore. «Ci perdiamo comunque una cinquantina di milioni, ma sempre meglio dei 160 che avremmo dovuto versare di imposta».
Ma c?è anche un?altra strada, decisamene più spericolata, che altri hanno deciso di intraprendere. Non fidandosi delle promesse di sanatoria di Visco, hanno pensato bene di mettere su dal niente una cooperativa sociale per poter godere dell?aliquota agevolata al 4%. «I comuni mi telefonavano dicendo che non avrebbero rinnovato le convenzioni a causa dell?Iva al 20%» racconta il direttore amministrativo di una grande associazione veneta. «Per noi sarebbe stato un disastro, allora abbiamo pensato di fondare in quattro e quattr?otto una cooperativa sociale. Ma se adesso correggono tutto… siamo rovinati». Certo, una bella tegola. Anche perché, spiega sconsolato il dirigente, in due mesi di lavoro per la cooperativa ha già speso qualcosa come 50 milioni in atti notarili, consulenze, apertura di conti correnti e adempimenti vari, e ora si trova a dover comunque sborsare i paventati 360 milioni di Iva per mettersi in regola. Più le eventuali sanzioni. L?ultima chicca riguarda un?associazione nazionale che non vuole rimanere anonima, le Anpas (Pubbliche assistenze): secondo stime attendibili, visto che il 40% delle loro realtà locali intrattiene rapporti di convenzione con gli enti pubblici, per colpa di questa vicenda si troveranno a versare circa 3 miliardi di Iva in più.
Insomma: come indurre i rappresentanti del non profit ad assomigliare agli squali del profit, sempre alla caccia della scorciatoia migliore per non essere tartassati dal Fisco. Adesso sono nate anche le cooperative sociali off-shore. E meno male che con la legge Onlus tutto doveva diventare più facile, lineare, trasparente. Si stava meglio quando si stava peggio?
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