Welfare

Indicatori per forza

di Flaviano Zandonai

E’ in avvio un nuovo studio per misurare la qualità della vita da contrapporre al famigerato Pil. Questa volta la proposta viene addirittura dall’ufficio di statistica del Regno Unito. E’ certamente un filone di studi importante che può contribuire a cambiare la percezione sui fattori che determinano il benessere. Perché si sa, se esistono le misure i fenomeni prendono corpo e diventano rilevanti. Ne abbiamo la percezione, quasi fisica, guardando a quel che avviene dall’altra parte della barricata, in campo economico, proprio in questi giorni. C’è infatti un indicatore che ogni mattina, all’apertura delle borse fa accapponare la pelle. E’ lo spread tra titoli di stato tedeschi e italiani. Ormai sappiamo che se supera quota 300 c’è da preoccuparsi. Sotto, si può tirare un (temporaneo) sospiro di sollievo. E’ un indicatore che si è imposto all’attenzione in brevissimo tempo e con notevole successo. La sua forza è la capacità di misurare il divario tra sistemi economici e che, prima dell’introduzione dell’euro, era ben rappresentato dal cambio lira / marco. Mille lire per un marco, qualcuno se lo ricorda? Peraltro scoprendo, a nostre spese, che si trattava della vera conversione all’euro. Evidentemente c’è la necessità di mantenere una misura delle differenze interne alle economie europee. E i sistemi finanziari hanno generato questo indicatore imponendolo come misura standard. Da questo punto di vista le organizzazioni più interessate al benessere o che giocano un ruolo importante per generarlo dovrebbero fare lobby perché nuovi indicatori diventino parte di un “paniere” di misure. Non basta elaborare l’indicatore. E forse non basta neanche imporlo per legge. Ci vuole una legittimazione dal basso legata al suo valore di utilità. Da questo punto di vista lo studio inglese sembra aver fatto un passo avanti perché, come sostiene Luca De Biase in un suo post di ieri, le misure di well-being sono state costruite perché possano essere riconosciute come davvero importanti per la popolazione e, aggiungerei, per le organizzazioni, come quelle non profit, che per missione si occupano di aspetti rilevanti che determinano la qualità della vita.


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