(Intendo il giornale, non l’ectoplasma del nostro stato). Ero molto fiducioso per l’apertura di Pubblico: il dorso virtuale che, come lascia facilmente intuire il nome, è dedicato alla cosa pubblica, in tutte le sue sfaccettature e forme d’espressione. Invece no, a distanza di qualche tempo mi devo rassegnare. Pubblico è monopolizzato dal dibattito politico nazionale, è la sentina del tutto contro tutti che caratterizza questa fase. Niente società civile, al massimo la parte di advocacy, ad esempio sulle campagne referendarie. Davvero poco. Eppure basta alzare un pò lo sguardo e vedere cosa combinano altri giornali. Il Guardian, ad esempio, ha lanciato ormai da qualche tempo un’intera sezione del suo sito dedicata all’impresa sociale, con notizie, casi, confronti. Anche questo è Pubblico. Veniamo così a sapere, da un giornale inglese, che a Napoli ci sarà un concorso sull’innovazione sociale o che la rete di turismo sociale Le Mat con base in Italia ha molto da insegnare rispetto a come il business sociale può essere, a modo suo, scalabile. Tutto queste esperienze sono lì, dietro l’angolo, pronte a essere raccontate. Sta a vedere, ad esempio, che tra “le case degli spiriti” visitate da Paolo Rumiz nel suo reportage c’è anche qualche struttura o proprietà riconvertita ad asset comunitario da qualche impresa sociale.
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