Welfare

Lettura delegata

di Flaviano Zandonai

Alla fine ho ceduto. E quando una terza, diversa persona mi ha invitato a leggere la bozza di delega per la riforma fiscale e assistenziale ho scaricato il file dal sito del Ministero dell’economia. (A proposito, è più di un segno dei tempi il fatto che una rifoma normativa in campo assistenziale sia associata a una di carattere fiscale e non sia stata partorita dal ministero competente ma da chi tiene i cordoni della borsa). Le deleghe sono pericolose, soprattutto in una fase come questa, dove le manovre di finanza pubblica non sono scritte dal governo, né dal parlamento e neanche dalle parti sociali o addirittura, come insinuano i leghisti, dalla BCE in combutta con Angela Merkel. Con tutta probabilità, alla fine di questa rappresentazione tragicomica, sarà la speculazione finanziaria globale il ghost writer che scriverà la stesura finale. La delega in oggetto, comunque, non fa eccezione nell’impostazione rispetto ad altre. Delinea un quadro normativo e di policy in modo piuttosto chiaro ed anche in buona parte condivisibile, ma sono i decreti attuativi che lasciano col fiato sospeso. Un pò come è accaduto, nel suo piccolo, con la normativa delegata in materia d’impresa sociale: buona l’impostazione della legge quadro, seguita però da decreti dai contenuti non sempre chiari ed efficaci e per di più emanati in un lungo lasso di tempo. Nel caso della delega assistenziale almeno sui tempi non dovrebbero esserci problemi perché le scadenze sono (sembrano) fissate in modo perentorio e per di più consentono al governo di far piazza pulita di tutte le leggi che, a riforma approvata, dovessero risultare incompatibili con il nuovo assetto. Per quanto riguarda i contenuti, riprendo di seguito le considerazioni di coloro che mi hanno invitato alla lettura. C’è, in primo luogo, un richiamo esplicito alle imprese sociali e ad altri soggetti non profit come attori della sussidiarietà per favorire “la libertà di scelta dell’utente” (art. 10, comma 1, punto 4 lettera b). Un appiglio normativo, peraltro non nuovo in provvedimenti di questo genere, che individua il non profit come “liberalizzatore del welfare”. Una destatalizzazione dei servizi sociali che, nei fatti, è tutta da verificare, considerando che la gran parte di questi attori vive (e prospera) proprio a stretto contatto con la Pubblica Amministrazione (e non solo in termini di risorse economiche ma anche di procedure, servizi, cultura). Altro elemento di interesse: il ritorno sulla ribalta del welfare centralizzato e redistributivo. Toccherà infatti all’Inps erogare le prestazioni assistenziali in forma di contributi monetari ed inoltre lo stesso ente gestirà il sistema informativo sui beneficiari delle prestazioni attraverso un fascicolo elettronico (articolo 10, comma 1, punto 6). Per chiudere questa lettura provvisoria, un altro punto rilevante. La gestione della “carta acquisti” (meglio conosciuta come social card) affidata verrà ai Comuni che, a loro volta, potranno assegnarla in gestione a organizzazioni “nonprofittevoli” (articolo 10, comma 1, punto 5). Il tutto per garantire una migliore identificazione dei benenficiari e dei loro bisogni (e fin qui…), ma anche per raccogliere ulteriori risorse liberali a cofinanziamento della dotazione pubblica. Sta a vedere che Tremonti non è passato per caso al convegno delle Acli di qualche giorno fa.

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