Welfare

Il 18 a Bruxelles

di Flaviano Zandonai

Il programma è ancora pieno di Tbc (To be confirmed) e l’impostazione è la classica babele europea che non è solo linguistica ma soprattutto terminologica e concettuale. Ecco quindi che in venti righe si va dalla “social innovation” alla “social entrepreneurship” passando per la “social economy” (con un bel “third sector” il quadro confusionario sarebbe stato perfetto). Però, il prossimo 18 novembre, bisognerebbe andarci a Bruxelles per partecipare a quella che si potrebbe definire l’investitura istituzionale del nuovo corso della socialità d’impresa. Officerà il rito la Commissione Europea con pezzi da novanta: il presidente Barroso (che attraverso il suo think tank ha realizzato qualche tempo fa uno studio conoscitivo sull’innovazione sociale), il commissario Barnier (che ha infilato il “social business” all’interno del dibattito avviato sul “single market act“, il documento che dovrebbe rilanciare il mercato comune europeo) e il vice presidente Tajani. Non sarà solo un atto formale. Seguirà probabilmente una significativa riallocazione di risorse dei fondi strutturali, avendo come riferimento un più ampio spettro di esperienze, ben oltre i confini di terzo settore ed economia sociale. Si parla anche di cifre: 90 milioni di euro che peraltro dovrebbero fare da effetto leva rispetto a investimenti privati. Non a caso, la stessa Commissione ha lanciato qualche mese fa una consultazione su un tema che è tutto un programma: Social Investment Fund. Ancora una volta cresce e si diversifica l’offerta di risorse economiche dedicate all’imprenditoria sociale. Ma al di là delle questioni definitorie, qualcuno sa davvero se, e soprattutto dove e come, queste imprese investono? Un dettaglio di non poco tempo per fare incontrare domanda e offerta.


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