Welfare

L’ethos dell’impresa sociale

di Flaviano Zandonai

Per il quotidiano inglese The Guardian sarebbero sempre più numerose le imprese for profit, soprattutto di grandi dimensioni, attratte dall’ethos dell’impresa sociale. Non quindi da leggi, forme giuridiche, incentivi e politiche, ma dai caratteri – temperamento, scelte, orientamenti – che ne guidano l’agire pratico. In particolare ciò che colpisce è la capacità di produrre benefici ad ampio raggio, a favore di soggetti diversi. Quel “valore condiviso” che secondo Michael Porter e Mike Kramer dovrebbe diventare la mission di un nuovo capitalismo, oggi sotto assedio e quindi disposto persino a mettere mano ai sistemi di produzione e governance delle proprie istituzioni imprenditoriali per dare spazio a diversi portatori di interesse (e, aggiungiamo, di risorse), grazie anche alla diffusione di tecnologie web “social”. C’è però un paradosso, evidenziato sempre nel pezzo del Guardian: a fronte di questo interesse si segnalano scarse e, laddove sperimentate difficili, collaborazioni tra le imprese sociali costituite come tali e quelle che si potrebbero definire aspiranti tali. Tanto che queste ultime preferiscono fare da sé. Tracciare e percorrere la loro strada verso l’imprenditorialità sociale, in questo indirettamente sostenute dallo scetticismo, se non dalla preoccupazione che aleggia tra le esperienze pioniere la cui cultura d’impresa si fonda in buona parte sulla differenza dal “for profit”. Troppo poco per un dialogo ad ampio raggio e pure con il rischio di cadere vittima di una specie di sindrome da caduta del muro di Berlino. E’ proprio per questo, proprio per la persistenza di queste difficoltà che è necessario insistere nel favorire occasioni di confronto e di azione di comune, consapevoli che la partita riguarda un cambio di paradigma, inevitabilmente generativo di frizioni. Un bel tema quello dell’ethos dell’impresa sociale. Da farci un workshop.

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