Welfare

And the winner is…

di Flaviano Zandonai

Ormai anche gli imprenditori sociali nostrani, vecchi e nuovi, sono sempre più attratti dall’idea. Partecipare a una competizione per veder premiata la loro impresa, il loro progetto, o anche semplicemente una loro idea. Si moltiplicano infatti nel nostro Paese le competizioni tematiche dedicate in maniera più o meno diretta all’imprenditorialità e all’innovazione sociale. Dalla social innovation competition di Napoli al più bel mestiere del mondo di Make a Change fino ai premi delle fondazioni Gaetano Marzotto e Telecom Italia. Avrò certamente dimenticato qualcuno. Ah si! Il premio di Donna Moderna per imprese sociali al femminile. Ai più superficiali potrebbero sembrare iniziative estemporanee e ai più scettici soluzioni utili più a chi le promuove che a chi vi partecipa. In realtà la questione e’ ben più seria e complessa, tanto che quelli che di premi se ne intendono – gli inglesi – hanno pensato di aprire un vero e proprio centro di studi sui premi all’innovazione presso un prestigioso think tank. Gli aspetti da indagare del resto sono molti: la scelta dell’oggetto della competizione, la delimitazione del campo dei partecipanti, le regole di ammissione e (soprattutto) i criteri di valutazione, le forme di pubblicità e di rendicontazione, l’effetto leva per lo sviluppo, le ricadute di medio lungo periodo, ecc. E poi, un aspetto che mi incuriosisce e dietro il quale si cela, forse, una sorta di “italian way” dei premi, ovvero il loro ruolo nell’ambito delle care, vecchie azioni locali di sviluppo. La maggior parte di queste competizioni sono infatti decontestualizzate o fanno rifermento ad ambiti territoriali piuttosto vasti dove non e’ agevole far emergere e valutare in modo adeguato il carattere locale dell’innovazione. Non sarebbe male sperimentare su questo fronte. Dove? Ad esempio Pistoia dove e’ stato recentemente lanciato un programma di social business cittadino. E magari andando a vedere come funziona l’ultimissimo award inglese sul tema.

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