Welfare

La resilienza è finita

di Flaviano Zandonai

L’ho suggerito come titolo per un approfondimento giornalistico. Vedremo se sarà accolto, magari con un punto di domanda finale per alleggerilo un pò. “Resilienza” è un termine molto in voga tra imprese sociali e cooperative per marcare la loro diversità nel fronteggiare la crisi rispetto alle imprese for profit. Onde evitare che anche questa finisca tra le buzzwords, le parole alla moda che sbiadiscono alla stessa stessa velocità con cui emergono, meglio porsi qualche domanda in merito. La prima, banale: cosa significa resilienza? Da evitare di derubricarla a sinonimo di resistenza. Nel suo significato principale richiama infatti l’elasticità, la capacità di piegarsi di fronte a una sollecitazione senza distorcersi in modo permanente. I campi di applicazione del concetto sono molteplici: dai test dei materiali alla biologia (autoripararsi da un danno e, ancora, tornare a uno stato simile a quello iniziale dopo aver subito uno stress), fino alle protesi odontoiatriche. Insomma un gran serbatoio semantico da cui pescare, con cautela, suggestioni e metafore per chi decidesse di farne uso per interpretare il cambiamento nelle organizzazioni. Seconda domanda: in che senso imprese sociali e cooperative sono resilienti? Già perché il termine è tutt’altro che di loro esclusiva, visto che se ne fa un grande uso anche da parte delle imprese for profit. Non basta quindi dichiararsi resilienti, occorre chiarire l’approccio. Per rispondere meglio guardare all’agito più che al dichiarato. Nonostante i dati disponibili siano pochi e frammentati (in attesa che qualche ricercatore ci si dedichi) sembra che cooperative e imprese sociali interpretino la resilienza limitando le spese e contraendo gli utili per mantenere inalterata (o non eccessivamente compromessa) l’offerta di servizi e i livelli occupazionali. Le for profit, invece, sono più propense a tagliare i livelli occupazionali e ad abbandonare in fretta mercati saturi al fine di mettere in cascina risorse in attesa di tempi migliori. Ben poche investono in progetti di innovazione radicale. Terza domanda, anzi domandona: il modello di resilienza di cooperative e imprese sociali (posto sia quello appena descritto) funziona? Risposta, anche questo caso frammentaria: per ora sì; esistono infatti riscontri che evidenziano come queste imprese siano riuscite a mantenere i loro livelli di offerta e occupazionali. Il tutto, però, a scapito dei margini operativi che continuano a deteriorarsi. Ed è forse la variabile tempo quella più critica. Il protarsi della crisi, infatti, potrebbe creare problemi soprattutto per queste imprese, mentre invece quelle più dinamiche e meno legate ai contraccolpi sociali della loro strategia potrebbero trovarsi avvantaggiate, anche da una “ripresina”.


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